sabato 15 ottobre 2016

Leggere non è poi così male... se il racconto è di paura leggere diventa bellissimo!

I ragazzi, in generale, leggono poco. E' un dato di fatto.
Ci sono ragazzi che non leggono per niente ed io li conosco bene.
Che fare?
Arrendersi?
Giammai!!!
Pronto carrellino pieno di libri che, nei momenti "morti" dell'attività didattica, viene provvidenzialmente tirato in ballo per far assaporare, anche se solo per poche decine di minuti, il piacere della lettura.
 
 
 
Ma questa strategia da sola non basta.
Pronto un cartellone color arancio che stimola i potenziali lettori a leggere tutto ciò che vogliono, dove, come, quando e quanto vogliono (lo dice Pennac, eh!).
Compaiono le prime recensioni dei più volenterosi, ma non basta neanche questo.
Pronto all'interno del cartellone una sorta di motto che incoraggia i lettori a non temere la lettura passiva: "stare vicino a chi legge una storia non può farvi altro che bene" - recita l'aforisma - e perché non sperimentarlo sul campo?
La prof legge e i ragazzi ascoltano. Mi pare la più vincente delle strategie!
Cominciamo con lui: Edgar Allan Poe è sempre una garanzia.
 
 
E partiamo con un pezzo da novanta: Il gatto nero, un racconto a cui non è possibile rimanere indifferenti!!
 
 
Scacco matto!
Interruzione in un punto cruciale della storia: il protagonista ha ritrovato un gatto del tutto simile a quello da lui impiccato che possiede una strana macchia sul collo che progressivamente assume l'aspetto di una forca...
Richiesta alla classe: in pochi minuti provare a pensare come potrebbe finire la storia.
E ognuno esplicita la sua ipotesi
 
 
Infine il racconto si finisce di leggere.
Si sprecano i commenti ("che protagonista pazzo!", "che gatto diabolico!",  "aiuto, la moglie morta decomposta, il gatto che miagola sopra di lei e che non ci pensa minimamente di passare ad altra vita!") e anche diverse intuizioni intelligenti ("chi scrive una cosa del genere e lo fa così bene vuol dire che uno squilibrio mentale lo sta vivendo davvero", "sempre questa credenza di attribuire ai gatti neri una funzione malefica").
Ma non ci si limita a commentare: si cercano sul web video e immagini riferite al racconto...
 
 
 
 
si disegnano noi stessi le scene che ci sono rimaste in mente
 
si scrive noi un finale diverso, si manipola la storia, si fanno riflessioni linguistiche, si osservano le strutture sintattiche e le scelte lessicali utilizzate, insomma ci "tuffiamo" nel testo... e il naufragar ci è dolce in questo mare (citazione mia, i ragazzi non hanno avuto ancora il piacere di conoscere il grande Giacomo).
  
Insomma, la lettura passiva ha fatto centro!
Sarà il primo passo per una progressiva lettura attiva?
Chissà... ma, almeno per qualcuno, io credo proprio di sì ;-)
 
Riflessioni ed elaborati dei ragazzi

Per non vanificare il successo dell'impresa, non ho assegnato alla classe schede di lettura, domande di comprensione o riassunti brevi, bensì è stata affrontata una discussione guidata sul testo letto e la rielaborazione critica è avvenuta per lo più in forma orale.
Domanda:
A quale genere letterario appartiene, secondo voi, il racconto letto?
Risposte:
- Horror!
- No, horror no, ci sono delle parti che possono turbare, ma vero e proprio racconto horror non è! Si mettono di più in evidenza gli aspetti psicologici. Il protagonista è proprio pazzo, prof!
- E' vero, è uno squilibrato mentale!
- Chi lo ha scritto soffriva anche lui di turbe psichiche, si capisce.
Domanda:
Da quali scene si può capire lo squilibrio mentale del protagonista?
Risposte:
- Quando usa violenza verso gli animali che prima amava.
- Quando toglie l'occhio al gatto.
- Quando impicca il gatto.
- Quando prende l'ascia per uccidere il gatto solo perché lo ha fatto quasi inciampare.
- Quando uccide la moglie e poi rimane assolutamente calmo.
- Nel finale! E' clamoroso! Indica il luogo della sepoltura del cadavere ai poliziotti che stavano per lasciare il suo appartamento. Lo vuole più matto?
Domanda:
Parlatemi del gatto...
Risposte:
- Secondo me il gatto trovato in taverna era un altro, non sempre quello di prima. Era stato impiccato! E quando viene sepolto con la moglie riesce in qualche  modo a cavarsela e a rimanere vivo.
- Ma non può essere rimasto vivo murato nel cemento! Sarebbe morto di sete e soprattutto soffocato. Secondo me il gatto è un fantasma ed è sempre lo stesso che era stato ucciso e che torna da lui per vendicarsi.
- Questo, matto com'è, ci sta che abbia immaginato tutto, che questo secondo gatto sia solo il frutto della sua immaginazione e non sia veramente mai esistito.
- Il gatto impresso nella parete rimasta intatta dopo l'incendio e il secondo gatto trovato nella taverna e che poi finisce sepolto con la moglie forse sono solo nella mente del protagonista.
- Però ci sono altre persone che testimoniano che il gatto esiste: il padrone della taverna che dice che non lo aveva mai visto prima, la moglie che blocca il braccio al protagonista di modo che non lo possa uccidere...
- Sì ma magari nella sua mente si è immaginato pure i dialoghi...
- Forse tutto il racconto è solo un sogno.
- Però prof, poveri gatti neri! Sempre considerati simbolo del male!
Domanda:
E' vero. E' stata persino istituita una giornata in difesa del gatto nero e cade il 17 novembre. In questa giornata si intende celebrare questo animale per lasciarsi alle spalle tutte le superstizioni che incarnava nel Medioevo e di cui spesso era vittima ignara. E, per finire, ditemi se il finale ve lo aspettavate così. Leggendo le vostre idee scritte prima della lettura sembrerebbe proprio di no...
Risposta:
- Per me era più logico il finale che avevo dato io. Doveva uccidersi  il protagonista per tutto il male che fa agli animali e alle persone
- Però per uccidersi avrebbe dovuto provare rimorso per quello che aveva fatto, invece non lo prova per niente.
- Il finale è particolare e un po' strambo, non ce lo saremmo aspettato, è vero, ma a pensarci è in linea con quello strambo del protagonista, quindi una sua logica ce l'ha.



 
Provate a fare  un’intervista immaginaria all’autore del racconto…

 
Intervistatrice  Helena:  Ha mai avuto rimpianti nella sua vita?
Edgar Allan Poe: Sì, un grande rimpianto. Quello di essermi rovinato la vita a causa dell’alcool.
 
Intervistatori Luca e Alessandro G. :  Cosa ti ha spinto a diventare alcolizzato?
Edgar Allan Poe: Non mi è mai piaciuto vivere, ultimamente poi la mia vita non ha più senso e per questo affogo le mie giornate e il mio dolore nell’alcool.
 
Intervistatori Luca, Alessandro G., Riccardo R. e Alice:  Cosa le ha dato l’ispirazione per scrivere il racconto?
Edgar Allan Poe: E’ stata una vicenda personale. La notte ho sognato questa storia, è stato un incubo, ma ormai ci sono abituato perché ogni notte faccio dei sogni orrendi. La mia vita quotidiana e le mie esperienze, quindi, mi hanno dato l’ispirazione. Poi mi ha anche ispirato la leggenda antica che i gatti neri siano creature malefiche.
 
Intervistatrice Sara:  E a chi si è ispirato per descrivere il protagonista del racconto?
Edgar Allan Poe: Mi sono ispirato a me stesso, perché, proprio come il protagonista del racconto, anch’io ho bevuto e la mia vita è stata sconvolta dall’alcool. E’ per questo che scrivo così bene i miei horror psicologici.
 
Intervistatrice Giulia:  Quali sono i generi letterari che preferisce affrontare?
Edgar Allan Poe: Amo affrontare lo stile gotico, un genere che piace a me  e che mi permette di assecondare i gusti del pubblico.
 
Intervistatrice Giulia:  Le hanno mai dato apertamente del pazzo per il tuo tipo di vita e per le storie che hai scritto?
Edgar Allan Poe: Alcuni uomini mi hanno definito pazzo,  ma nessuno ancora ha potuto stabilire se la pazzia sia o meno una suprema forma di intelligenza.
 
Intervistatrice Alice:  Lei ha amato o odiato gli animali nella vita?
Edgar Allan Poe: Io ho amato molto gli animali, soprattutto i gatti. Pensi che un gatto di nome Pluto l’ho avuto veramente!
 
Intervistatrice Alice:  Che rapporti ha avuto con sua moglie?
Edgar Allan Poe: Mia moglie è stata la persona più importante della mia vita, non le avrei mai fatto del male e perderla sarebbe stato un dolore troppo grande da sopportare.
 
Intervistatrice Giulia:  E’ vero come si dice in giro che lei ha avuto una carriera militare?
Edgar Allan Poe: Sì, è vero. Non ero più in grado di mantenermi ad un certo punto della mia vita e il 27 maggio 1827 mi arruolai nell’United States Armi come soldato semplice

 
Provate ad inventare un finale diverso per  il racconto…

Mentre il protagonista scende in cantina, il gatto passa tra i suoi piedi e lui, pieno di collera, prende un’ascia che trova per terra e colpisce il gatto nella schiena, ma questi sparisce all’istante. L’uomo risale le scale e torna in salotto, dove vede per terra il cadavere della moglie e il gatto che le sta accanto. Chiamata immediatamente la polizia, viene subito sospettato di omicidio perché viene trovata l’ascia sporca di sangue, così la polizia, credendo che lui avesse ucciso la moglie, lo arresta. Dopo qualche giorno le guardie carcerarie lo trovano impiccato nella sua cella, ma la cosa più strana è che nella cella con lui  si trova anche il gatto nero.
(Helèna) 

Il protagonista, perseguitato dal gatto giorno e notte, beve ogni giorno per provare a dimenticarsi di lui. Ormai sopraffatto completamente dall’alcool, non riesce più a trovare una via di scampo e trova il coraggio di uccidersi. Si toglie la vita impiccandosi nel suo appartamento.
(Luca, Alessandro G.)

L’uomo, nei giorni seguenti l’omicidio, era terrorizzato dal gatto: lo vedeva ovunque e gli ricordava continuamente il gatto che aveva impiccato. Pensava che prima o poi si sarebbe vendicato, così decise di uccidersi prima da sé, impiccandosi.
(Sara)

L’uomo, dopo aver ucciso la moglie, si accorge che tra lui e il gatto sta nascendo una profonda amicizia. Il cadavere viene momentaneamente nascosto sotto ad un materasso. La polizia giunge a casa sua il giorno dopo e si accorge subito che c’è del sangue sul materasso: lo alza e scopre il cadavere della donna, così l’uomo viene accusato di omicidio e, quando gli agenti stanno per arrestarlo, lui riesce a scappare insieme al gatto e tutti e due non si fecero mai più trovare.
(Riccardo R.)

Passati alcuni giorni, la moglie dell’uomo appare al suo assassino ogni notte perché è diventata un fantasma. Per vendicarsi del gesto del marito, lo sgozza senza pietà. Il cadavere viene tagliuzzato e messo in un sacco, poi viene abbandonato per sempre in un fossato.
(Giulia)

Dopo l’omicidio, quando arrivò la polizia, la casa venne invasa da migliaia di gatti neri, comandati tutti dal gatto nero che era stato impiccato e che era diventato gigantesco. La polizia per lo spavento si diede alla fuga. L’uomo venne sbranato dai gatti, mentre la moglie, diventata un fantasma, girovagava senza meta per tutta la casa
(Riccardo E.)

Dopo che ha nascosto il corpo della moglie in cantina, decide di vedere se si sta decomponendo e, mentre sta buttando giù la parete del muro con un piccone, sente dei lamenti e si rende conto che la moglie è ancora viva. Lei esce fuori e viene verso di lui con fare minaccioso, come se volesse ucciderlo. L’uomo terrorizzato si sveglia e capisce che si è trattato solo di un sogno.
(Sophia)

La polizia se ne va dal suo appartamento senza il minimo sospetto e lui decide di rilassarsi andando a bere della birra alla taverna. Mentre stava camminando, vede però un albero al quale si trova appeso un gatto impiccato con una corda. Quando si avvicina al gatto questi sparisce e al suo posto gli appare una donna legata per le braccia che piange disperatamente. Lui sale nell’albero per slegarla, ma sparisce anche lei lasciando la corda appesa, così l’uomo, impazzito dal terrore, non capisce più niente e decide di impiccarsi lui stesso.
(Alice)

Dopo che l’uomo uccise la moglie pensò ad un modo per nascondere il cadavere, ovvero imbalsamarlo e nasconderlo in un angolo della cantina. Poi prese l’accetta e tagliò la testa al gatto. Il giorno dopo arrivarono i poliziotti. Lui era al bar ed essi gli chiesero dove abitasse; l’uomo mentì dicendo che non aveva una casa, così i poliziotti se ne andarono. Una volta tornato a casa notò che vicino all’accetta che aveva usato per uccidere l’animale si era formata una pozza di sangue che somigliava al corpo del gatto che aveva ucciso. Ma non si preoccupò e andò a dormire vicino al corpo della moglie imbalsamato. Il mattino presto fece una passeggiata e incontrò di nuovo il gatto! L’uomo pensò di essere impazzito, iniziò a correre e attirò l’attenzione dei poliziotti che gli chiesero il motivo della sua fuga. Lui confessò di aver ucciso la moglie e il gatto, così i poliziotti che volevano arrestarlo si difesero perché lui li aveva attaccati e gli spararono uccidendolo. Tutti i componenti della famiglia dell’uomo morirono per un colpo alla testa.
(Maria)

Poco dopo aver ucciso la moglie, preso dal panico e non sapendo cosa fare, prese il cadavere e lo caricò in macchina; lo portò in un bosco a tre isolati da casa e la seppellì sotto terra coperto da un mucchio di foglie. Dopo qualche giorno la polizia lo interrogò per la scomparsa della donna, però non c’erano prove per incolparlo, quindi lo lasciarono andare. Un giorno un passante vide un gatto ferito e sanguinante e si mise a seguirlo. Il gatto lo portò nel bosco e si sdraiò nel punto in cui era sepolto il cadavere. L’uomo per prendere il gatto mosse le foglie e dal terreno spuntò una mano. Terrorizzato, chiamò la polizia che si precipitò sul posto e cominciò a scavare per terra finchè non scoprì il corpo della donna. Tornarono ad interrogare l’uomo, ispezionarono a fondo la casa e trovarono sia delle tracce di sangue che un’ascia sotto il letto. In fondo ad un cassetto del comodino era anche nascosto un diario in cui l’uomo aveva scritto i particolari del delitto commesso, così decise di confessare tutto ai poliziotti e venne subito arrestato.
(Alexandru T.)

L’uomo per qualche giorno non rivide il gatto, ma una sera, mentre andava a dormire, sentì graffiare alla porta di casa e andò a controllare chi fosse. Fuori dalla porta però non c’era nessuno, solo i graffi erano rimasti impressi nel legno. Lui si impaurì e raccontò alla moglie l’accaduto. Quando andarono a letto il rumore si ripetè, ma questa volta il gatto, senza un occhio e con delle cicatrici in faccia, apparve davanti a loro. L’uomo lo chiuse fuori dalla porta e si domandò perché continuasse ancora a vederlo. L’uomo, ormai disperato, diede fuoco allo scantinato e nel rogo morì anche sua moglie.
(Riccardo P.)

Ogni giorno il gatto incute in me la paura e in molti casi l’odio. Mi ha quasi portato ad ucciderlo, ma penso sempre che in qualche modo possa vendicarsi, anche se continua ad essere molto affettuoso. Non potendo ucciderlo, proverò a sbarazzarmi di lui in qualche modo. Ho pensato di venderlo a qualcuno, ma mia moglie si è opposta; io l’ho minacciata di morte e lei a quel punto ha acconsentito. Ho provato a vendere il gatto, ma lui in qualche modo riesce sempre a tornare a casa, anche se mia moglie non l’ha più rivisto. Per colpa dell’alcool sono stato sfrattato e mia moglie mi ha denunciato, visto che anche su di lei si ripercuotevano i miei squilibri mentali. Ho provato un odio profondo per lei e avrei voluto ucciderla. Mi ha fatto rinchiudere in un istituto per farmi disintossicare, ma il gatto si è presentato anche lì. Una volta me lo sono ritrovato persino nella camera in cui risiedo. Sto pensando che veramente sia una strega. La mia sofferenza non ha eguali, non posso più bere e per questo sto pensando di suicidarmi, tanto non mi rimane più niente e, per colpa di quel gatto, non sto chiudendo occhio. Mi ha anche graffiato più e più volte. Io, preso dall’odio che, sebbene non potessi più bere, si era impossessato di me, ho provato ad ucciderlo, ma lui è sempre riuscito a svanire nel nulla. Mi sto chiedendo perché l’ho comprato e perché l’ho ucciso. Se non lo avessi fatto, lui sicuramente non mi avrebbe perseguitato. Mi sono accorto solo ora che forse la causa di tutto è stata l’alcool. Ogni giorno mi rammarico per aver cominciato a bere. Oggi mi hanno dimesso e, visto che mi considerano sano e guarito, mi hanno portato in prigione per tutte le violenze che ha subito mia moglie e i miei animali. Il gatto nero si è presentato anche qui. Era sopra l’auto della polizia e mi guardava in modo malvagio con l’unico occhio che ha. Grazie a lui mi sono ricordato della mia sensazione di suicidarmi, così ho aggredito gli agenti in modo che mi sparassero. Ma questo non è successo. Mi hanno invece rinchiuso in una cella a vita, visto che ho ucciso un agente con la pistola che sono riuscito a sottrargli. Se solo l’avessi usata verso di me mi sarei risparmiato tutte queste pene. Purtroppo non sono stato mai capace di suicidarmi. Ma solo una cosa è sempre stata presente: quel malefico gatto che, fuori dalla mia cella, mi guarda con il suo unico occhio.
(Alessandro R.)


Questi sono, infine, i disegni che rappresentano le scene che sono più rimaste in mente

Helena
Daniele
Maria
 
 
 


 
 
 

3 commenti:

  1. Salve!
    Siamo i vicini della porta accanto...la 3°C. Prima di tutto COMPLIMENTI per il vostro viaggio nell'horror, ma soprattutto per l'intervista che siete riusciti a strappare a EDGAR...mica facile...visto il tipo! Anche noi abbiamo viaggiato in questo periodo di Halloween in compagnia de IL CORVO, IL GATTO NERO e IL CUORE RIVELATORE. Se ci riusciamo...vista la distanza...proviamo a mandarvi qualcuna delle nostre "ORRORIFICHE" presentazioni, in caso contrario...di nuovo COMPLIMENTI!

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  2. ...troppo lontani...
    Vi mandiamo un link (più leggero...), se ne avete voglia potrete scuriosare tra i nostri HORRORI
    https://sites.google.com/site/badiacomp1c/home/horror

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  3. Ma che bella sorpresa!!! Curioseremo al più presto!!

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