domenica 11 dicembre 2022

Tipo da stereotipo sarai tu!

 



- Prof, quest'anno studieremo i continenti extra-europei, vero?
- Sì, è così.
- Bene! Non vedo l'ora di fare il Giappone! Tanto prima o poi ci andrò!
- A me piacerebbe sapere qualcosa di più sul Qatar. Ho visto certi stadi spettacolari a questi mondiali!
- Il mio amore sono gli Usa. Mi piace tutto degli Usa. Anche mangiare hamburger tutti i giorni.
- Io voglio visitare le Cascate del Niagara e il Canada.
- Io voglio andare al Carnevale di Rio.
- Io a Dubai! 
- Io a Seul!
- Anche l'Australia facciamo, vero? Mi ha sempre attirato, specialmente la roccia rossa in mezzo al deserto, tipo deserto del Sahara. Come si chiama...
- Ayers Rock. Non è proprio sul deserto, ma in mezzo a una prateria sconfinata, neppure somigliante al deserto del Sahara (che è in tutt'altro continente, ovviamente). 
E del Sahara, anzi dell'Africa, cosa mi dite? Nessuno vorrebbe visitarla?
- No, prof! Che ci facciamo in Africa? Scappano tutti! Sì, belli i paesaggi, gli animali. Ma c'è povertà, ci sono malattie, c'è la malaria!
- Forse potrei andare nel Mar Rosso... ma mio zio si è sentito male in hotel lo scorso anno e ha detto che bisogna stare troppo attenti all'acqua, anche quando ci laviamo i denti o facciamo la doccia. No no, meglio di no, meglio non andare. Meglio andare alle Maldive!

Questa una conversazione avvenuta durante l'ora di geografia.
Ragazzi e ragazze di dodici anni si esprimono in maniera spontanea evidenziando quanto abbiano fatto presa immagini e concetti stereotipati trasmessi dai media.
Nessuno di loro è stato in Africa e neppure negli altri paesi nominati.
Però piacciono il Giappone, gli Stati Uniti, l'Australia, il Canada o altre località legate a situazioni di svago associate a un certo benessere e, fondamentalmente, agli standard provenienti dal mondo occidentale che loro conoscono e in cui sono quotidianamente immersi.
Ottima occasione per far riflettere su come superare un certo tipo di immaginario basato su STEREOTIPI, su come estendere lo sguardo ai vari PUNTI DI VISTA e come predisporre all'accoglienza verso tutto ciò che appare lontano e ignoto.


Dal libro Raccontare la geografia della Erickson ricavo subito una serie di spunti per una prima attività da proporre ai ragazzi. Comincio, infatti, presentando i differenti continenti attraverso dei planisferi che li pongano rispettivamente al centro dei luoghi in cui vivono.


Siete in una scuola in EUROPA e questo è il planisfero che vedete

Siete in una scuola in ASIA e questo è il planisfero che vedete

Siete in una scuola in AMERICA DEL NORD e questo è il planisfero che vedete

Siete in una scuola in SUDAFRICA e questo è il planisfero che vedete

Osservando le reazioni e discutendo su ciò che i ragazzi commentano, si rendono evidenti  sbigottimento e incredulità, ma anche una immediata messa in discussione di capisaldi e certezze.
La nostra Europa appare piccola e lontana rispetto al punto di osservazione, in qualche caso addirittura capovolta.
Ma se si vive in Asia, ad esempio, non ha senso mettere al centro l'Europa e questo la classe lo comprende benissimo.
I ragionamenti dimostrano che la rappresentazione del mondo è semplicemente organizzata dal nostro sguardo: noi ci poniamo istintivamente al centro della visione, ma nella realtà non lo siamo affatto perché, proprio come una sfera (o una palla), è impossibile stabilire quale sia il centro. 


Ci soffermiamo quindi sul continente africano e chiedo alla classe di appuntarsi le parole che associano all'AFRICA. Quelle che emergono sono, sostanzialmente, quelle già citate:
POVERTA' - FAME - MALATTIE - MALARIA - CALDO - DESERTO - GUERRE - DANZE TRIBALI - IMMIGRATI - PELLE NERA - ANIMALI DA SAFARI - BAOBAB - SAVANA.
Molte di esse derivano da stereotipi: non necessariamente esprimono concetti sbagliati, ma rappresentano la realtà in modo limitato e racchiudono un intero territorio all'interno delle immagini più note.

Come afferma la scrittrice nigeriana Chimamanda Ngozi Adichie ne Il pericolo di un'unica storia

Il problema degli stereotipi non è tanto che sono falsi, ma che sono incompleti. Trasformano una storia in un'unica storia. 

Mi irrito  quando ci si riferisce all'Africa come ad un unico paese, ma se tutto quello che avessi saputo dell'Africa mi fosse arrivato da immagini popolari, avrei pensato anch'io all'Africa come a un luogo di splendidi paesaggi, bellissimi animali e persone incomprensibili che combattono guerre insensate, che muoiono di povertà e Aids, incapaci di far sentire la propria voce, in attesa di venire salvati da uno straniero bianco e gentile. Questa unica storia dell'Africa penso che derivi, in definitiva, dalla letteratura occidentale


Dopo aver letto le parole Chimamanda Ngozi Adichie, visioniamo in classe questo filmato che mostra come, per parlare correttamente di Africa, sia necessario andare oltre i soliti modi di dire:
Ogni mattina una gazzella si sveglia e sa che dovrà correre attraverso 54 stati per conoscere tutta l'Africa. Ogni mattina un leone si sveglia e sa che si dovrà allenare parecchio per percorrere tutta questa distanza. Non importa che tu sia leone o gazzella. L'importante è sapere che l'Africa non è un paese, ma è composta da 54 stati con lingue, tradizioni e culture diverse tra loro

Osservando questa carta sugli stereotipi del mondo, notiamo che l'intero continente africano viene quasi esclusivamente rappresentato con un'unica immagine


Osservando queste foto, notiamo che questi ragazzi - che appartengono all'Associazione studenti africani dell'Itacha College di New York - lanciano dei messaggi precisi sul loro paese d'origine: 

L'Africa non è un paese

non parlo africano perché l'africano non è una lingua

La domanda che adesso tutti quanti ci poniamo e su cui andremo a riflettere sarà questa: 
cosa significa tutto ciò che abbiamo letto e osservato?

E, sempre seguendo gli spunti di attività proposti dal libro Raccontare la geografia già citato, leggiamo le parole che  lo scrittore e giornalista Vittorio Zucconi ha scritto nel libro Stranieri come noi:
Noi siamo italiani e in Italia, lo sappiamo purtroppo tutti, c'è la mafia. Vuol dire che tutti gli italiani sono mafiosi, che ammazzano i giudici, che corrompono i politici? Certo che no. E invece qualche volta all'estero lo pensano. Sentono il mio nome italiano e mi guardano un po' storto con l'aria di chi si chiede: sarà un mafioso anche lui? Io mi arrabbio moltissimo e ho ragione. Ma non è forse la stessa reazione che ho quando un africano mi tormenta per vendermi un accendino in strada e io penso: uffa, questi immigrati (tutti)! come mi danno fastidio.

A proposito di immigrati, osserviamo anche come noi italiani venivamo rappresentati a inizio Novecento, epoca di nostre grandi emigrazione, in questa illustrazione realizzata negli Stati Uniti


Leggiamo, infine, qual era il ritratto degli italiani che emergeva dalle parole della Relazione dell'ispettorato per l'immigrazione al Congresso americano sugli immigrati italiani negli Stati Uniti redatta nell'ottobre del 1912:

Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura. Non amano l'acqua, molti di loro puzzano perché tengono lo stesso vestito per molte settimane. Si costruiscono baracche di legno ed alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri. Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro presso appartamenti fatiscenti. Si presentano di solito in due e cercano un stanza con uso di cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci. Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti. Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l'elemosina ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi e petulanti. Fanno molti figli che faticano a mantenere sono assai uniti tra di loro. Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti. Le nostre donne li evitano non solo perché poco attraenti e selvatici, ma perché si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche quando le donne tornano dal lavoro.


Si tratta di narrazioni vere o false?
Si sono lette parole che ancora oggi si attribuiscono ad un certo tipo di persone? A chi?
La discussione procede e ciò che ne emerge è di nuovo il fatto di quanto sia (e sia stato) facile parlare per stereotipi e raccontare storie incomplete che mettono in evidenza solo una parte della realtà, trascurandone moltissimi altri aspetti

Ed è proprio sull'importanza delle storie che facciamo convogliare tutto ciò di cui abbiamo discusso finora, leggendo ancora le parole di Chimamanda Ngozi Adichie:

Le storie sono importanti. Molte storie sono importanti. Le storie sono state usate per espropriare e per diffamare. Ma le storie si possono usare anche per dare forza e umanizzare. Le storie  possono spezzare la dignità di un popolo. Ma le storie possono anche riparare quella dignità spezzata.

E noi staremo sempre attenti a dare valore alle storie di forza, umanità e dignità.

martedì 25 ottobre 2022

Di scelte, libero pensiero, pregiudizi e orientamento

 



Tempo di pensare alla scelta delle scuole superiori, tempo di orientarsi.
Iniziamo parlando delle nostre caratteristiche personali, dei nostri punti di forza e di come ci immaginiamo da grandi. E lo facciamo in modo rigoroso e strutturato, ma anche in ottica ludica e creativa.

In classe seconda si discute delle nostre abilità, delle nostre passioni e si crea un grande "albero dei talenti", pronto ad accogliere nuove foglie ogni volta che ci rendiamo conto di possedere un punto di forza in più




Partecipiamo al concorso "La mia classe è un universo" e ci disegniamo, scrivendo a lati i nostri punti di forza e di debolezza e se ci piacciono più le attività di tipo pratico o teorico.
Ma l'aspetto più divertente riguarda i nostri video di presentazione.
Pochi minuti per parlare di noi, dei nostri interessi e di come ci immaginiamo da grandi...
Per niente facile, ma i risultati sono stati strepitosi! Qui solo un assaggio.  

In classe terza si parla invece di scelta della scuola superiore in modo più rigoroso e strutturato, ma senza dimenticare, neanche stavolta, l'aspetto ludico e quello creativo.
Disegniamo i nostri lineamenti, cerchiamo tre aggettivi per definirci, indichiamo le nostre passioni e i nostri punti di forza e concludiamo con la frase Da grande vorrei...



Da grande vorrei... 
diventare estetista, parrucchiera, calciatore, meccanico
fare la ricercatrice in un laboratorio
avere il posto fisso, aiutare gli altri
viaggiare per il mondo 


Proseguiamo, quindi, con il miglior strumento che può venirci in supporto per riflettere su noi stessi e il mondo: il libro. In particolare, soffermiamoci su alcuni punti del libro che stiamo leggendo in classe ad alta voce, ovvero Grande di Daniele Nicastro.
La madre di Luca, protagonista del romanzo, parla di scelte della scuola superiore in modo giudicante: "gli istituti professionali sono per chi non ha voglia di studiare" - afferma, convinta, davanti alle amiche. 
Riflettiamo su questa frase.  L'hai mai sentita pronunciare? Che effetto ti ha fatto? 
Luca dice che farà il liceo classico perché gli piacciono i libri e, visto che dovrà studiare un sacco, ha intenzione di studiare quello che gli piace. Cosa ne pensi?

riflessione di G., che non è d'accordo con questa affermazione

                                     riflessione di S., che è d'accordo con questa affermazione

riflessione di V, che non le manda a dire
a quegli adulti pieni di pregiudizi


Adesso osserviamo questi meme che girano in rete e sui social



IPSIA sta per Istituto Professionale Statale Industria e Artigianato.
Cosa rappresentano questi meme? Che significato hanno, secondo te?
Ti sembra che ci siano analogie tra questi meme e le parole della mamma di Luca?
Qui un assaggio di ciò che è emerso nel corso della discussione:
- Sì, nei meme il professionale è considerato scuola per chi non ha voglia di fare niente. Anzi, per chi ha voglia di distruggere tutto (guerra, pistole...). Secondo me è esagerato!
- Non è vero che al professionale vanno alle feste con i carri armati, però è vero che i cani antidroga ci sono sempre all'ingresso della scuola. I miei genitori non vogliono che mi iscriva lì. Dappertutto, ma non al professionale, mi hanno detto!
- Non è vero che i cani antidroga sono solo al professionale, sono anche in altre scuole. E poi io conosco dei ragazzi che vanno allo scientifico e si fanno le canne anche loro.
- Al professionale in classe fanno una grande confusione, nelle altre scuole non glielo permettono. Poi ci sono tanti maschi e i maschi fanno più confusione e fanno le risse.
- Nella classe di mio fratello, che è in quarta, non c'è confusione. Lui ci va volentieri e ci sono anche delle belle ragazze 
- Una volta ad Arezzo l'istituto professionale per orafi aveva molti iscritti perché c'erano tante fabbriche d'oro. Anche il mio babbo lo ha fatto. Ora molte fabbriche sono chiuse, forse gli iscritti sono di meno anche per questo.
- Certo, i genitori vogliono farci fare il liceo! Io non ho voglia di fare il liceo, non ho voglia di stare tutto il giorno sopra i libri.
- Comunque una volta non tutti andavano al professionale se volevano fare gli orafi. In terza media smettevano di studiare e andavano a lavorare in fabbrica. Anche il mio babbo e la mia mamma hanno fatto così.
- La mia mamma invece ha fatto ragioneria e ha detto che una volta tanti si iscrivevano lì per imparare a fare gli impiegati o altri lavori d'ufficio. Faceva certe materie strane... per scrivere a macchina! Mi fa strano che non ci fossero i computer, sembra di parlare dell'età della pietra! Eppure la mia mamma non è neanche tanto vecchia (ma neanche tanto giovane)
- di questi meme mi fanno ridere le padelle nello zaino degli studenti dell'alberghiero. Io ci voglio andare e magari una padella nello zaino ce la metto veramente
- Macché, ci sono i laboratori! Meglio le scuole dove si fa qualcosa e ci insegnano una professione, che quelle in cui c'è solo da studiare sui libri. A me non interessa fare l'università
- A me sì!
- E allora il liceo fallo te! Io voglio lavorare. Comincerò col mio babbo, che fa l'idraulico e che dice che è un mestiere molto ricercato. Ed è vero perché lo chiamano sempre, anche la domenica!

A proposito di licei, osserviamo queste scritte sui muri

 
 

Qual è il significato di queste scritte, secondo voi? Che idea di liceo ne emerge?
- Il liceo scientifico appare come una scuola inutile e che manda fuori di testa
- Sembra che una ragazza abbia sbagliato a scegliere, come se fosse stata drogata quando ha fatto l'iscrizione. Spero anch'io di non sbagliare e volevo proprio iscrivermi al liceo scientifico. Se quando sono lì mi accorgo che non sono fatta per quella scuola?
- Puoi cambiare! In casa mia i miei fratelli lo hanno fatto e non è morto nessuno.
- Sì, ma io non voglio far spendere soldi inutilmente ai miei genitori e non voglio perdere tempo! Speriamo che non  mi succeda.
- Sempre liceo, liceo, liceo... sembra che le altre scuole non ci sono. 
- Anche in casa mia si parla solo di liceo.
- Invece da me no, mi hanno detto di decidere come voglio, ascoltando i professori e andando a visitare le scuole quando ci saranno gli open day.
- Quelle scritte sono un po' vere. Secondo me chi va al liceo è "fatto" veramente. Oppure secchione.
- Non è vero. I miei amici vanno allo scientifico e li vedo spesso in giro. E poi continuano a venire agli allenamenti di calcio.
- Il liceo è per chi ha voglia di studiare, i tecnici e i professionali per chi ha voglia di andare a lavorare subito.
- Come se fosse facile trovare subito un lavoro!
- Il liceo è per chi vuole fare l'università. Sennò come fai a farla se non sei preparato?
- Ma non è vero! L'università si può fare dopo qualsiasi scuola superiore. Mio fratello ha fatto un istituto tecnico e ora fa l'università. Va anche bene. Visto?
- Lei che insegna italiano ha fatto il liceo classico, prof?
- No.
- Visto? E insegna bene lo stesso!

Dopo una bella botta di autostima per me e discussione che non accetta a placarsi per loro, ancora una riflessione scritta con sollecitazioni a cui rispondere (oltre ai dibattiti è bene sempre far scrivere, così da sentire la voce di tutti, anche di quelli che nelle discussioni non prendono mai la parola, ma che hanno invece cose interessanti da dire)
Ti sei già fatto una tua idea per quanto riguarda la scelta delle superiori? 
Come ti senti quando pensi alla scelta che dovrai compiere per scegliere la scuola del tuo futuro?

E. sente il "peso" della scelta di un liceo di cui non si sente all'altezza

mamma e nonna provano a convincere D. ad iscriversi al liceo scientifico
(scuole che loro hanno conosciuto e frequentato), ma lei è irremovibile: niente scientifico!

A S. piace disegnare, ma non se la sente di scegliere
un liceo artistico perché dice di non aver voglia di studiare troppo

V. ha il terrore di non capire nulla di matematica alle superiori.
visto che già alle medie riesce a capirla poco

M., che dice di voler provare a scegliere il liceo linguistico
perché gli piacciono le lingue (e le numerose ragazze che lo frequentano)
però non crede di essere in grado a superare gli esami e sembra già
essere sicuro di trovare tanti intoppi e tante difficoltà

N. non vede l'ora di arrivare a gennaio, 
scegliere e non sentire più il peso di questa scelta

L'idea di non essere all'altezza di scegliere alcune scuole è sempre in agguato.
Poco male: questo sarà motivo per lavorare su autostima e smontare pregiudizi.
Cominciamo subito utilizzando di nuovo delle scritte sui muri, espressioni di pensiero diffuso e catalizzatrici di attenzione.
Rispondiamo: Quali messaggi esprimono? Con quali ti trovi più d'accordo? 




Accompagnare gli studenti e le studentesse nella loro scelta, aiutarli a pensare in modo libero e determinato sarà l'obiettivo di questo percorso verso le superiori.
Occorrerà lavorare su pensiero metacognitivo e provare a creare tanta sinergia
con le famiglie, con gli esperti di progetti esterni, con staff e colleghi del nostro ordine di scuole e con di quelli di ordini di scuola superiore, con le varie figure referenti dell'orientamento a più livelli.
E poi parlare e leggere storie attraverso le quali conoscersi e immedesimarsi.
Un percorso complesso, per nulla semplice.
Ma l'unico percorribile.

domenica 16 ottobre 2022

Un percorso letterario per un piccolo Grande libro

 


Quest'anno siamo molto onorati di poter finalmente incontrare di persona, dopo le restrizioni per la pandemia che lo avevano impedito, lo scrittore del libro che stiamo leggendo ad alta voce.
Lo scrittore si chiama Daniele Nicastro e il libro si intitola Grande.

Prima della lettura

Osserva titolo e copertina. Di cosa potrebbe parlare il libro?

Secondo me il libro parla di un bambino che non riesce ad aprirsi con gli altri e per questo è intrappolato da delle erbacce (Giulia)

Un bambino viene bullizzato oppure non vuole crescere (Lorenzo, Giovanni)

Un ragazzo si ritrova da solo e viene escluso dagli altri (Gabriele)

Un bambino diventerà grande a causa di un suo talento speciale (Noemi)

I rami sembrano tenere prigioniero un bambino. Forse è trattato male dalle persone, magari quelle nello sfondo (Chiara)

Un ragazzo cresce, fa nuove amicizie, nuove esperienze (Thomas)

Il ragazzo viene limitato dalle sue emozioni e quelle dietro sono immagini nella sua mente che rappresentano le sue paure (Cassandra)

Forse un bambino viene rapito e portato via (Lisa)

Il ragazzo sta iniziando a diventare grande e cercherà di abituarsi a un’altra vita senza riuscirci (Samuele)

Forse un bambino più grande degli altri viene preso in giro (Emanuele)

Tutta quella specie di Liane che lo trattengono sono le sue insicurezze (Alessia)

Un ragazzo viene abbandonato dai suoi amici (Tommaso)

INCIPIT del ROMANZO

 "Non tutti hanno la fortuna di andare in Sicilia e alcuni hanno la sfortuna di doverci andare"

 Perché le ripetizioni di alcune espressioni?

Perché le ripetizioni volute servono per rafforzare il senso di disagio dovuto alla partenza

Andare in un bel posto viene considerato una fortuna, ma il protagonista non la considera una fortuna, bensì una costrizione.

Gli succederanno tante cose in Sicilia e il suo personaggio cambierà tantissimo.


Storia di Luca come storia viva

Prima sollecitazione a partire dall'incipit:
Luca è costretto ad andare in Sicilia nonostante non ne abbia affatto voglia.
Hai mai dovuto effettuare un viaggio o un'uscita di cui avresti volentieri fatto a meno?
Ricordi una vacanza (o una gita o una scampagnata) in cui niente è andato per il verso giusto?

Altri qw di prescrittura di un testo autobiografico
I genitori avevano promesso di farlo andare in Liguria con gli amici, ma dopo si rimangiano la parola per scendere in Sicilia, visto anche il peggioramento di salute della nonna.
Veder infranta una promessa è sempre una grande delusione.
Ti è mai successo che qualcuno ti abbia promesso qualcosa che poi non è riuscito a mantenere?

Luca decide di "punire" i suoi genitori cercando di rimanere in silenzio per tutto il tragitto.
Capita anche a te di vendicarti per un torto subito con atteggiamenti di protesta simili?


Primi commenti: Luca, un ragazzo torinese in vacanza in un piccolo paese della Sicilia dove vivono i suoi parenti, passa sempre più tempo con Mario, un coetaneo del posto, tanto che arriva ad accompagnarlo in certi suoi lavoretti, a superare una prova per lui e ad entrare a far parte della sua strana famiglia… cosa ne pensi del libro finora?

Questo libro parla di un ragazzo che si chiama Luca, e che in estate voleva andare in Liguria a divertirsi con i suoi amici, ma per motivi familiari è costretto ad andare in Sicilia. Arrivato nel piccolo paese della Sicilia chiamato Petramonica, le cose che accadono gli sembrano molto strane. Incontra un ragazzo di nome Mario che gli fa conoscere molti ragazzi e ragazze del posto. Mario apparteneva a una gang di Petramonica, beveva, fumava e guidava motorini. Ha insegnato a Luca come guidare e impennare e gli ha proposto varie sfide, tra cui quella di impennare davanti alla polizia e scappare. Dopo aver fatto tante sfide del genere, è entrato a far parte della gang, anche quasi rischiando di farsi fare un tatuaggio con scritto il nome della gang. Per ora mi ha colpito molto, anche se ammetto che ascoltarlo all’inizio mi risultava un po’ pesante. VALUTAZIONE: PER ORA 8.5 (Vincenzo)

Il libro di per se è bello, parla di un ragazzo torinese che va in Sicilia a visitare la nonna con la sua famiglia e incontra un ragazzo poco di buono di nome Mario. La parte che mi ha colpito di più è la parte dove Luca fa un giuramento, mafioso, con Mario e la sua “Famiglia” in cui gli fanno dire tutte le regole da rispettare, per evitare una brutta fine. Se avesse violato la regola più importante o anche una sola, come ad esempio non uccidere tuo “Fratello” a meno che non ci sia una buona ragione per farlo, avrebbe versato tutto il suo sangue ovvero lo avrebbero UCCISO. Ma lui per ora non capisce il pericolo in cui si è cacciato.

Luca è un tredicenne torinese che è sceso in Sicilia con la sua famiglia per visitare la sua nonna. Un giorno incontrerà, mentre andava a giocare a calcio, un ragazzo poco affidabile di nome Mario, pensando che lui sia un ragazzo normale come lui. Questo Mario lo porterà sicuramente alla rovina.

Mario è un ragazzo siciliano, poco affidabile e mafioso, che ingannerà Luca facendogli pensare che è una buona persona e che vuole soltanto essere suo amico. Lo porterà con sé a fare dei lavoretti, come farsi dare soldi dai negozianti. Ad un certo punto gli fa fare una sfida molto pericolosa, cioè accelerare con il motorino davanti ai carabinieri, per poi scappare da loro. Dopo lo fa unire alla sua “Famiglia”. L’inizio della sua fine. (Thomas)

 “Grande” è un libro che parla di un ragazzo torinese di nome Luca che con la sua famiglia va a trovare i suoi parenti a Petramonica, un paesino della Sicilia. In questa vacanza si unirà a una banda di ragazzi mafiosi. Questo libro è molto bello da leggere e anche molto scorrevole e piacevole. Provo a dire quello che, secondo me, succederà. Luca andrà via da questo paese alla svelta e, quando lo farà, i ragazzi di Petramonica faranno di tutto per riportarlo da loro. Potrebbero anche arrabbiarsi e minacciare Luca e la sua famiglia e, se non tornerà, uccideranno i suoi parenti siciliani e anche lui e i suoi genitori a Torino. Anche se, secondo me, ci può essere un finale alternativo, ovvero che Luca diventa uno di loro e resta lì per sempre a compiere reati mafiosi. Alla fine viene arrestato e si rovina la vita per sempre. Credo però che sia più fattibile la prima, visto che probabilmente tornerà a casa sua a Torino. Questo è certo: i problemi ci saranno sicuramente. (Gabriele)

Quest’anno abbiamo iniziato a leggere un libro intitolato “Grande” che parla di un ragazzo di nome Luca che ha 13 anni e viene da Torino. In estate viene costretto dai suoi genitori ad andare in Sicilia dai suoi parenti perché sua nonna sta male, anche se lui vorrebbe andare in Liguria con i suoi amici (vacanza che gli era stata promessa!) Arrivato in Sicilia, Luca conosce Mario, un ragazzo poco più grande di lui che gli sembra molto simpatico. Dopo essersi conosciuti e aver fatto un giro in motorino, Luca e Mario vanno in un bar e Mario offre a Luca una birra. Bevono insieme e la loro amicizia si approfondisce. La mattina dopo Luca si sveglia ubriaco e con l’alito che puzza di birra ed ha in mente una cosa sola: stare con Luca e tornare ad incontrarlo nei prossimi appuntamenti. Mentre si trova nella piazza del paese, Luca vede una ragazza che gli piace molto e prova ad andare a parlarle. Scopre che la ragazza si chiama Lucia e che ha la sua stessa età. All’arrivo di Mario, però, la ragazza scappa, allora Mario, vedendo Luca dispiaciuto, gli fa conoscere un’altra ragazza tutta truccata e ben vestita che lo porta in una panchina al buio e gli dà un bacio. A Luca comunque lei non piace e continua a pensare a Lucia. Nei giorni seguenti Luca e Mario vanno a fare delle commissioni molto losche, chiedendo soldi a dei negozianti. Luca però non sospetta niente.  Ha una storia molto coinvolgente, anche se a volte Luca sembra un po’ uno che è atterrato sulla Terra da una navicella spaziale e non si accorge di niente! Mario invece è furbo, lo inganna e gli fa credere di essere buono quando buono non è. Paolo, il cugino di Luca, è più intelligente: conosce Mario e gli sta alla larga per stare lontano dai guai. Il voto che do a questo libro per ora è 9 (Tommaso)

Un libro che stiamo leggendo in questi giorni è “Grande”. Mi sta piacendo molto, anche se non lo definirei il libro migliore che abbia mai letto. Parla di un ragazzo di nome Luca, torinese, che dovrà passare un mese in Sicilia con i suoi parenti. Il ragazzo non ci vorrebbe andare perché vorrebbe rimanere con i suoi amici, ma non può rifiutare. In Sicilia conoscerà Mario, un ragazzo che  viene tenuto alla larga da molte persone del posto, ma lui ci farà amicizia e ci uscirà insieme, senza accorgersi che sta facendo con lui cose illegali. Mario fa parte di una “Famiglia” in cui entrerà anche Luca. Paolo, tipo solitario cugino di Luca, lo avvertirà di stare alla larga da Mario, ma Luca non lo farà. Lucia è una ragazza del posto di cui è innamorato Luca che inizialmente starà con lui, poi lo eviterà quando vede che è diventato amico di Mario. Il libro, dicevo, mi sta piacendo molto, anche se non so come potrebbe andare a finire. (Samuele)


Dopo la lettura

Cosa puoi dire di titolo e copertina a lettura ultimata? E qual è, secondo te, il messaggio dell’autore?

Luca è rappresentato tra le spine, intrappolato lì come è stato intrappolato dalla mafia. In lontananza ci sono Mario, a destra e Paolo e Lucia, a sinistra (Giulia)

Le spine indicano che se entri nella mafia non ne esci più (Lorenzo)

Il ragazzo voleva sentirsi grande ed entra addirittura nella mafia, anche se all’inizio non se ne accorge. I rami spinosi sono come i tentacoli del polpo che rappresenta la mafia (Mehdi)

Luca voleva essere considerato grande e ha fatto molti sbagli. Non si è mai abbastanza grandi (Giulia)

Non bisogna fidarsi sempre di tutti e bisogna ascoltare chi ci vuole bene (Gabriele, Vincenzo)

Il ragazzo desidera crescere, ma poi capisce che essere grande significa risolvere i  problemi da soli e non fare tutto ciò che si vuole (Noemi)

Molti cadono nelle grinfie della mafia senza rendersene conto. Bisogna informarsi sui pericoli che si corre (Damiano)

Nella copertina ci sono le spine e i rovi perché anche la mafia ci può intrappolare (Emanuele, Alessia)

Essere grandi non significa fare le cose che fanno gli altri per piacere a tutti, ma fare le cose onestamente e con consapevolezza. Le ramificazioni della copertina rappresentano la mafia. Lo sguardo del ragazzo sembra alla ricerca di un appiglio (Chiara)

Le spine rappresentano la difficoltà di uscire dalla mafia e che la mafia fa male (Thomas)

La mafia è qualcosa di molto più pericoloso di ciò che pensiamo (Serena)

Se finiamo in un grave problema bisogna sempre parlarne con qualcuno. Non bisogna fidarsi mai delle persone appena conosciute (Lisa)

Si sente grande a fare cose come guidare, bere birra, uscire da solo… ma tutto andrà male. Si può anche cadere e finire nei guai, ma l’importante è rialzarsi e superare i propri problemi (Edoardo)



Confronti con la copertina della nuova edizione abbinata alle antologie





Mi piace più la seconda copertina perché si capisce meglio che la mafia lo osserva e ci sono delle scene dietro le mura dove si vedono dei ragazzi e dei motorini (Gabriele)

Mi piace di più la seconda copertina perché è più colorata e meno cupa, dà più l’idea dei colori della Sicilia, delle giornate di sole. Poi mi piace l’ombra delle piante nella maglietta, che ricorda i rovi della prima copertina (Emanuele)

Mi piace più il disegno del bambino della prima copertina. La seconda sembra più sfocata, come fosse degli anni ’90 (Damiano)

La prima copertina mi piace di più, dà il senso di mistero, è più scura apposta e le persone si vede che lo osservano da lontano. I rovi danno l’idea di qualcosa che lo immobilizza e infatti sarà la mafia che cerca di togliergli le libertà e tenerlo a sé (Lisa)



E tu? Quando ti senti grande? 

A me piace sentirmi grande, perché mi dà una sensazione di superiorità rispetto agli altri. La cosa che amo e che mi fa sentire grande è cucinare e quando cucino da solo, non so perché, ma faccio finta di entrare in uno show televisivo e parlo anche descrivendo le mie azioni. Mi sento grande perché penso che cucinare sia da persone adulte e non per ragazzi come me (Emanuele)

Io mi sento grande quando mio cugino Maikol viene a casa mia perché io sono tre anni più grande di lui e se non sa qualcosa posso spiegargliela io (Thomas)

Avete mai pensato a come deve essere la vita da grandi? Io ci ragiono spesso, ma non credo di aver mai trovato una risposta definitiva. Penso che mi piacerebbe rimanere così e forse tornare indietro anche di qualche anno. Solo che a casa, quando non mi permettono di fare cose da grandi, devo dire che un poco mi offendo (Chiara)

Io voglio sentirmi più grande con la speranza di attirare l’attenzione. Per provare la sensazione di essere più grande mi trucco. Penso di essere grande e autonoma quando vado in centro da sola, prendo l’autobus da sola, cucino da sola. Ma capisco di essere piccola quando vengo richiamata dalla mamma se dico una parolaccia, se vengo rimproverata e se mi devo presentare (Serena)

Vedo mio fratello che va in giro con gli amici, in pizzeria, in discoteca e che guida una macchina e io devo sopportare tutto questo mentre me ne sto in casa sul divano a oziare, quindi mi sento piccola. Però mi sento grande quando aiuto i miei nonni molto anziani a innaffiare le piante e a cogliere le pesche, le susine e le olive (Giulia)

Non mi piace il mondo dei grandi, ma anche essere in questa età di mezzo non è piacevole: non sei troppo piccolo, ma non sei nemmeno grande. Hai la consapevolezza di non essere molto grande, rispetto agli altri sei ancora un bambino, ma ti senti cresciuto, perciò non si capisce come comportarsi (Noemi)

Uno dei motivi per cui mi sento grande è perché so andare in bici senza mani, ho preso il treno, posso avere un borsello con i miei soldi, ho un telefono e posso difendermi da mio fratello. Tuttavia spesso mi sento troppo piccolo, ad esempio quando guardo film con scene paurose (e anche l’inizio di Matrix non è che mi abbia fatto ridere!) - (Damiano)

Mi sono sentito grande quando ho passato tutta la giornata in compagnia di alcuni amici conosciuti al mare a Marina di Grosseto (Gabriele)

Mi sento grande perché la mia mamma mi lascia andare in giro in bicicletta da solo e mi manda anche a fare la spesa e in farmacia (Mehdi)

Mi sento grande quando vado in treno con i miei amici ad Arezzo, soprattutto adesso che c’è il Luna Park (Stefano, Mattia)

Mi sento grande quando riesco a svolgere qualcosa di difficile da solo, come mantenere il camino acceso, aggiustare qualcosa in casa, aprire un barattolo. Quando faccio queste azioni mi sembra di essere cresciuto perché fino a pochi anni fa le svolgevano i miei genitori o i miei nonni, mentre ora quasi sempre le svolgo io (Tommaso)

Mi sento grande quando vado in campagna con il mio babbo. Lui si mette a sistemare le cose in casa e io vado in giro per il bosco (Niccolò B.)

Mi sono sentita grande l’anno scorso, quando al mio compleanno mi hanno regalato dei gioielli preziosissimi (Sara)

Negli ultimi tempi i miei genitori mi trattano da adulto e questa cosa mi rende felice. Per esempio, mi mandano ad Arezzo in treno da solo e mi fanno allontanare da casa con la bicicletta (Samuele S.)

Mi sento grande quando i miei genitori mi lasciano a casa da solo e non ho paura. Prima stavo massimo dieci minuti da solo e sembravano ore perché ero molto impaurito. Ora addirittura da solo sto anche meglio (Samuele P.)

Mi sono sentito grande quando sono andato con mia sorella e mia cugina, dalla mattina alla sera, al Lucca Comics, anche se ho speso un patrimonio! Però i soldi erano miei e li avevo raccolti, tra paghe e paghette, proprio per quell’occasione. I miei genitori si arrabbiarono un sacco, sia con me che con mia sorella, ma ne è valsa la pena (Carlo)

Il fatto di andare il prossimo anno alla scuola superiore mi fa sentire più grande e responsabile. Un’altra cosa che mi fa sentire grande è il fatto che a calcio quest’anno giochiamo in un campo sportivo più grande e ad ogni partita c’è un arbitro che viene ad arbitrare la gara (Andrea)

Mi sento grande quando mi mandano al supermercato a fare la spesa e torno a casa a piedi tenendo le buste in mano. Anche cambiare l’abbigliamento o tagliarmi i capelli mi fa sentire più grande oppure rimanere a casa da sola e ho tutto lo spazio per me. A volte mi metto anche a cucinare e mi diverte molto (Veronica)

Sentirsi grandi per me vuol dire prendersi cura di qualcun altro e aiutarlo nella vita quotidiana. Io, ad esempio, mi sento grande quando aiuto mia madre nelle faccende domestiche oppure i miei nonni che vivono da soli (Lorenzo)

Mi sento grande quando sto a casa da solo e faccio quello che voglio: gioco alla play, guardo serie tv, gioco con il mio cane, cucino e mangio cose che non dovrei mangiare (Matteo)

Non mi è mai piaciuto avere delle regole né tantomeno seguirle. Mi sento grande quando le posso infrangere, specialmente quando non seguo le cose che dice mia madre. Andare contro ciò che dice un adulto vuole dire essere liberi, avere la libertà che solo i più grandi riescono ad ottenere (Elena)

Un’occasione in cui mi sono sentito grande è stata quando ho capito di avere uno stile di abbigliamento ben preciso  e adeguato all’età (Samuele F.)

Mi sento grande quando discuto con i miei genitori perché vedo che ultimamente mi parlano come se fossi adulto (Niccolò L.)

Mi sono sentita grande quando sono andata ad allenarmi e a fare una gara di taekwondo a Genova senza i miei genitori. Da sola e lontana da casa, mi sono sentita carica di responsabilità (Daria)

Mi sono sentito grande quando mi sono innamorato e ho visto cambiare il mio corpo e la mia voce (Semmi)

Mi sento grande ogni volta che mi danno più anni di quelli che ho, oppure quando bevo qualcosa, ad esempio uno Spritz (Greta)


connessioni con attività di orientamento


La madre di Luca parla di scelte della scuola superiore in modo giudicante:
"gli istituti professionali sono per chi non ha voglia di studiare"
Cosa ne pensi?
E tu hai già idea di quale scuola superiore sceglierai? 

Qui il link con le attività di orientamento svolte orientiamoci per scegliere meglio

Frasi significative


Dialogo tra Luca e Paolo

 - Che ne sai tu, di cosa vuol dire essere grandi? Sei solo un ragazzino viziato! Agli altri ci pensi mai? Ci pensi mai a cosa provano? E mentre tu fai il grandioso, ci pensi a chi si sbatte al posto tuo?

 - Credevi che la mafia fosse solo nelle storielle alla tv? Siamo in Sicilia, Luca. La mafia è dietro l’angolo. I lavoretti che hai fatto…nascondono una prepotenza piccola o grande, e gli affari di una Famiglia mafiosa, una cosca ecco.

 Riflessioni di Luca

Ieri la mafia era solo una parola da aggiungere alla combo arancini-cannoli-sole-mare, spiagge di sabbia fine, ricotta fresca, granita al limone. Era solo un’espressione così tipicamente siciliana da non farci caso. Oggi è diventata reale. La mafia c’è, la mafia esiste. Non è più materiale da tg della sera, da spot pubblicitario, da fiction di terz’ordine… leggerne a scuola, studiarla sui libri, la rende lontana, mentre ora so che può essere così vicina da non sembrare vera. Almeno, a me non sembrava vera fino a poco fa.

Quante cose sono successe mentre credevo di essere grande…


mafioso non si riconosce...


domande all'autore