domenica 27 marzo 2022

Lasciati andare. Studia i verbi.

 


I verbi sono noiosi da imparare, vero, ma occorre studiarseli, non c'è via d'uscita.
Sempre richiesti in tutti gli ordini di scuola, patrimonio di conoscenza personale - vogliamo dirlo? - e anche utili, come buona parte della grammatica normativa, in caso di studio di una lingua straniera.
Ma come fare a usarli in modo corretto?
Inutile, infatti, la loro memorizzazione se poi, all'atto pratico, non li si sa correttamente coniugare.
Insomma, quali strategie utilizzare, fin dalla classe prima, per imparare l'uso dei modi e dei tempi verbali su contesto e non solo in modo mnemonico?
Quali i modi per far riflettere gli studenti sull'utilizzo corretto della nostra lingua?
Ricordiamoci che le Indicazioni nazionali parlano testualmente di riflessione sulla lingua e non di analisi grammaticale fine a se stessa.
Cominciamo, dunque, con un semplice lavoro a piccolo gruppo che, a partire dalle informazioni contenute sul libro di testo, possa produrre delle SCHEMATIZZAZIONI come strumenti di supporto per gli alunni che riscontreranno le maggiori difficoltà


Soffermiamoci quindi sul MODO INDICATIVO, di cui non basta affermare che rappresenti il modo della REALTA' o recitare perfettamente tutti i suoi tempi verbali.
Il modo indicativo, come tutti gli altri modi, va invece ben compreso e ben saputo applicare nel suo specifico contesto d'uso.


Innanzitutto, semplici stratagemmi per visualizzare TEMPI SEMPLICI e TEMPI COMPOSTI a colpo d'occhio (e che faranno entrare nell'ottica del concetto di tempo composto = ausiliare + participio passato).
Anche in questo caso le produzioni realizzate potranno essere utilizzate come strumenti di ausilio o compensativi per le varie casistiche di criticità.




Passiamo poi a far elaborare degli appunti per far capire ai ragazzi i diversi contesti d'uso dei tempi in cui il modo è suddiviso:
- nel TEMPO PRESENTE l'azione avviene nel momento in cui si parla, ma può avvenire anche in un momento passato trattato come se fosse contemporaneo (il cosiddetto PRESENTE STORICO che serve a rendere il lettore maggiormente coinvolto nella narrazione); l'uso del fraseologico "sto mangiando" serve, inoltre, a indicare il momento preciso in cui si svolge l'azione;
- nel TEMPO PASSATO l'azione è accaduta prima del momento in cui si sta parlando: se avvenuta in tempi recenti è bene usare il PASSATO PROSSIMO, mentre PASSATO REMOTO e TRAPASSATO PROSSIMO e REMOTO spettano, nei loro diversi contesti d'uso, ad azioni "concluse" e più lontane nel tempo;
l'IMPERFETTO, pezzo forte delle sequenze descrittive, è da considerarsi tempo passato particolare, in quanto permette di indicare azioni ripetute nel tempo che producono un certo effetto di continuità e, talora, anche un'atmosfera indeterminata (pensiamo alla famosa formula delle fiabe C'era una volta...);
- TEMPO FUTURO con azioni che dovranno realizzarsi (FUTURO SEMPPLICE), specie con un'aspettativa più certa (FUTURO ANTERIORE).

Gli appunti potranno essere corredati - se lo si vuole - da espressioni esemplificative, ma limitarsi solo a frasi di scarso uso quotidiano non produce apprendimento significativo, così come risulta dalle sempre più numerose evidenze scientifiche in materia.
Per uno studio della grammatica davvero funzionale non possiamo limitarci ad osservare gli esercizi del libro di testo con esempi di frasi contenenti una regola ma, nel loro insieme, del tutto decontestualizzati.
L'impostazione grammaticale formalistica dei manuali prevede classificazioni astratte che poco hanno a che vedere con frasi e testi autentici attraverso i quali, invece, può essere appreso il funzionamento di una lingua viva e attuale.
Come afferma il linguista Fabio Ruggiano "la lingua non è un insieme di frasi, ma un insieme di unità più fluide che vanno oltre la dimensione della frase. La lingua non è uniforme, ma varia al suo interno in relazione alla situazione, al mezzo usato, al tempo e all'identità dei parlanti. I testi (reali) abituano gli studenti a riconoscere le forme grammaticali all'opera, e non in astratto. I testi offrono inoltre esempi di varietà di lingua e incoraggiano gli usi attivi della produzione scritta e orale".

Vediamo come fare per provare ad applicare le regole grammaticali studiate alla costruzione e produzione testuale autonoma.
Osservare qualche esempio di contestualizzazione, ripreso da testi modello appositamente selezionati, va considerata prassi didattica fondamentale in quanto i ragazzi saranno gradualmente condotti a riflettere, a condividere osservazioni e, come step finale, a mettere in pratica quanto osservato e appreso attraverso produzioni scritte elaborate in autonomia, quindi ad un uso autentico e funzionale dei fenomeni linguistici studiati.
Per fare apparire meno astratte le indicazioni contenute nel libro di testo di grammatica a proposito dell'uso dei modi e tempi verbali da introiettare efficacemente, scegliamo di lavorare su un testo modello: quello scelto è Azzurrina di Angela Nanetti (racconto fiabesco di cui è stata svolta lettura integrale) ed eseguiamo una riflessione condivisa sull'uso dei tempi verbali dell'indicativo. La riflessione avverrà prima in forma orale e, successivamente, gli appunti verranno rielaborati in forma scritta, così che i ragazzi possano mettere su carta le loro osservazioni e, di conseguenza, sedimentarli.


I ragazzi notano che l'uso del futuro prevede la nascita della bambina che a breve si realizzerà (La chiamerò Azzurrina), quello dell'imperfetto azioni che tendono a ripetersi e che rallentano la narrazione (le dame sonnecchiavano, vigilavano), quello del passato remoto azioni compiute e concluse, che segnano uno "stacco" piuttosto netto con quelle lente e di atmosfera ripetitiva indicate con l'imperfetto (il grifalco quando sentì quel nome spiccò il volo).


Fatto ciò, i ragazzi sperimentano in maniera individuale l'uso dei vari tempi verbali visti, elaborando dei mini-testi in cui inserire le diverse forme verbali viste nel loro specifico contesto d'uso.
Segue condivisione degli errori e suggerimenti/correzioni reciproche nei casi di dubbio o richiese di chiarimenti.



 MODO CONGIUNTIVO e MODO CONDIZIONALE


Tra le fatiche scolastiche più inutili che possiamo ricordare, esiste quella di dover imparare il MODO CONGIUNTIVO, ma anche il MODO CONDIZIONALE, solo sulla base della classica tabella dei verbi, senza -però-  riuscire ad applicarli bene all'interno del loro contesto d'uso.
Mi piace sempre leggere le scritte sui muri, perché trovo che siano uno spaccato sociale per lo più autentico da cui ricavare spunti interessanti per riflettere e per cercare di comprendere anche tutte le criticità che vi emergono.
Pur trattandosi di divieto giustamente sanzionabile, le scritte sui muri possono essere un buon input da cui partire, non già per deriderne gli autori, bensì per analizzarne limiti e criticità (ma anche, talora, elementi di saggezza).
E, proprio come diceva il grande Rodari, partire dall'errore è importantissimo perché anche dall'errore si può generare conoscenza.

Prima di passare ad analizzare gli errori commessi sulle scritte, vengono fatti notare alcuni aspetti della spiegazione teorica fornita dal manuale, ad esempio la congiunzione "che" necessaria per legare due frasi in cui sia presente il congiuntivo o l'uso corretto delle concordanze nel periodo ipotetico di secondo e terzo tipo in cui è previsto l'uso obbligatorio del congiuntivo e del condizionale.
Si passa quindi all'analisi dell'errore, con riferimento a modi verbali e concordanze scritte in modo scorretto, e ad una produzione di frasi/minitesti con congiuntivo e condizionale in contesto d'uso.








Per interiorizzare l'uso corretto delle concordanze può essere d'aiuto anche memorizzare certe strofe di alcune canzoni, quindi via libera all'ascolto dei seguenti testi:

Se avessi un cuore di Annalisa
"Se davvero avessi un cuore, ti amerei..."


Se tu fossi qui di Pino Daniele
"Se tu fossi qui, ti direi quello che non ti ho detto mai..."


Una canzone d'amore degli 883
"Se solo avessi le parole, te lo direi..."
Se io fossi un angelo di Lucio Dalla
"Se io fossi un angelo, chissà che cosa farei..."


E concludiamo individuando i verbi al modo congiuntivo (e non solo) presenti in questa filastrocca di Gianni Rodari, del cui messaggio abbiamo tutti tanto bisogno, specie in questo momento.

Filastrocca un po' burlona
per divertire qualunque persona:
se la salita fosse in discesa,
se la montagna stesse distesa,
se tutte le scale andassero in giù,
se i fiumi corressero all'insù,
se tutti i giorni fosse festa,
se fosse zucchero la tempesta,
se sulle piante crescesse il pane,
come le pesche e le banane,
se mi facessero il monumento...
io non sarei ancora contento.
Voglio prima veder sprofondare,
tutte le armi in fondo al mare.
(Gianni Rodari)

Amicizia, partnership, Agenda 2030 e tanto altro

 


Agenda 2030 e amicizia concetti distanti e slegati tra loro? Tutt'altro!
Per raggiungere entro il 2030 tutti i famosi 17 obiettivi per un mondo e uno sviluppo sostenibili, è fondamentale creare alleanze e collaborazioni su principi condivisi e la frase simbolo dell'obiettivo 17, partnership per gli obiettivi, indica proprio questo concetto.
Partnership, infatti, è una parola che ha il significato di intessere forme di collaborazione a livello politico, economico o militare e l'ultimo obiettivo dell'Agenda vuole proprio incentivare una alleanza planetaria per raggiungere lo sviluppo sostenibile attraverso lo scambio di conoscenze, competenze tecniche e risorse finanziarie.

A noi l'Agenda 2030, però, piace applicarla anche alla vita quotidiana, come ben sanno tutti coloro che hanno seguito i consigli del nostro podcast sull'argomento.
Ve li siete persi? Non c'è problema: qui il link per poterli ascoltare


E calandoci un po' più nel quotidiano i principi dell'obiettivo 17, possiamo notare che la parola partnership si riferisce all'idea di partner, ovviamente, ma anche a quella di amicizia, nella quale proprio le collaborazioni, gli scambi e i sostegni reciproci ne rappresentano i fondamenti.
Ma cosa intendono i ragazzi per amicizia? Che ruolo ha nella loro vita?
Come parlarne in modo autentico e senza scadere nella retorica?
Come ricavare da modelli letterari ispirazioni e insegnamenti tali da far considerare l'amicizia un valore universale?
Da quali input partire per far produrre annotazioni o riflessioni proficue?
Vediamo come stiamo affrontando l'argomento in classe.
Intanto abbiamo riflettuto su cosa intendiamo con la parola amicizia e sul ruolo che essa detiene nella nostra esistenza: ne abbiamo discusso insieme e poi abbiamo scritto delle annotazioni personali, libere o facendo ricorso a metafore o a espressioni poetiche, anche a seguito della lettura introduttiva di una poesia di Silvia Vecchini, contenuta nel libro Acerbo sarai tu e dedicata al ricordo di un amico, che può fornire - per chi lo vuole - qualche spunto di ispirazione per iniziare a scrivere. 
(il medesimo libro, del resto, viene spesso utilizzato come input per la composizione di brevi testi poetici, tanto che stiamo lavorando ad una nostra vera e propria raccolta poetica di classe e, a fine anno, riusciremo perfino a creare un vero e proprio libretto personalizzato!)


Se l’autobus volasse
sopra case e palazzi
io cercherei tanti, dappertutto
su strade e marciapiedi
spingere per avere il posto accanto
al finestrino, cercherei a tutta forza
in mezzo al traffico
il tuo zaino,
il tuo motorino
(Silvia Vecchini, Acerbo sarai tu)

Poesie, immagini poetiche, metafore e riflessioni dei ragazzi:

L’amicizia è una delle cose
indispensabili della vita,
è come un fiore che sboccia.
Ci sono amici che non appassiscono,
rimangono freschi per tutta la vita,
altri fanno finta di sbocciare,
altri si seccano.
Ma nonostante tutto dobbiamo fare
sempre amicizia
(G.)

Se potessi tele-trasportarmi
ti porterei in una pizzeria
con dei robot
per farti fare la guardia notturna al locale
e io fare quello che vuole ostacolarti
(T.)

Ti rincorro sempre,
ti rincorro ovunque,
ma non ti trovo mai.
Perché sei così sfuggente?
E con gli altri così docile?
Cos’è che cambia con me, cara amicizia?
(D.)

Se l’amicizia fosse un fuoco
io mi brucerei.
Se l’amicizia occorresse scavarla
io la scaverei,
come un pozzo senza fine.
L’amicizia è un pozzo senza fine
(L.)

Se ti piace l’amicizia,
vai cammina e socializza!
Perché chi zitto sta,
tanti amici non avrà.
Se ti piace dare affetto,
dai veloce, vallo a dare!
Perché quando è donato
potrebbe esser ricambiato
(S.)

“Nella mia vita l’amicizia è come un libro: ci sono amici per una sola pagina, altri per un solo capitolo, mentre alcuni per tutta la storia intera” (T.)

“Quando qualcuno diventa mio amico gli insegno gli origami, infatti quando diventiamo amici ci scambiamo passioni e ci arricchiamo a vicenda” (L.)

“Per me gli amici sono come una seconda famiglia” (C.)

“Per me l’amicizia è come il girasole con il sole: quando il sole se ne va, il girasole è triste, ma stiamo sicuri che il sole ritornerà sempre e il girasole sarà di nuovo felice” (E.)

“L’amicizia è come un grande mare: puoi trovare squali malvagi o pesciolini innocenti” (G.)

“L’amicizia a volte vola via, per colpa tua o mia” (A.)

“Se dovessi salvare i miei amici, girerei tutto in tondo nel mio mondo per salvarli ad ogni costo e senza nessun dubbio. Se loro sono tristi, cerco di rallegrarli. Con successo o senza successo non importa. Importa provarci” (S.)

“Noi resteremo migliori amici come il mare e l’estate o la cioccolata calda e l’inverno” (E.)

“Io e il mio amico non abbiamo mai litigato e insieme ne abbiamo passate di tutti i colori. Ricordo quando nel primo lock-down rimanevamo solo io e lui a fine videolezione per poter parlare o giocare” (M.)

“Ricordo il primo giorno di scuola, quando io e i miei amici eravamo tutti uniti. Ora a scuola con i banchi siamo tutti separati: uno in cima, uno in fondo, uno nell’angolino, ma all’intervallo ci riuniamo e parliamo. A volte facciamo anche delle sciocchezze, ma l’importante è stare insieme” (E.)

“Penso che tutti al mondo dovrebbero avere amici, perché con gli amici non ci sentiamo mai soli. L’amicizia è troppo importante: se ti annoi hai qualcuno con cui divertirti e, se serve, qualcuno che ti dà una mano c’è sempre. A me basta stare con qualcuno anche solo per una decina di minuti e lo considero già mio amico” (G.)

“In questo momento ho bisogno di coltivare un’amicizia, che è come una pianta e io sono il giardiniere; purtroppo arriva qualche giardiniere migliore di me e mi licenziano, oppure la pianta si rifiuta di essere curata e muore” (D.)

“Scegliere un amico non è una cosa semplice: devi accertarti che non ti menta e, quando gli riveli un segreto, devi essere sicuro che esso rimanga tra voi” (L.)

“Gli amici sono importanti sotto molti aspetti. Con loro impariamo ad ascoltare anche gli altri e a vedere le cose da un punto di vista diverso dal nostro, che può essere anche migliore. Con un amico accanto puoi affrontare i momenti più difficili e essere confortato nei momenti più tristi dove non vediamo soluzioni o spiragli di luce. L’amicizia è un tesoro prezioso da custodire in modo adeguato perché lo si può perdere” (N.)

“Con gli amici puoi divertirti, confidarti, soffrire insieme, ma anche vivere delle belle esperienze. A volte sei tu che scegli lui, o lui che sceglie te, o magari vi trovate davanti senza che ve lo aspettiate, come è successo a me. Ne puoi avere anche solo uno, basta che sia leale e sincero, un amico vero” (C.)

“Se qualcuno mi chiedesse che rapporto ho con gli amici, risponderei: - Non lo so! No, ma seriamente non lo so! Perché dipende da persona a persona. Per me, infatti, esistono diversi tipi di amicizie: false, forzate, belle, brutte e tossiche. Non puoi costringere due persone a volersi bene o andare d’accordo se non lo vogliono. Non tutti possono starci simpatici. Secondo me, va contro ogni regola dell’amicizia” (S.)

“Amici lo saremo per sempre, anche in Paradiso. E la vita è lunga” (G.)




Dopo la condivisione degli scritti, lettura e discussione a partire da due brani:

- riflessioni sull'amicizia del filosofo Aristotele, tratte da Pensa che ti ripensa di Anna Vivarelli;

- favola di Io e Tu, tratta da Ultimo venne il verme di Nicola Cinquetti.



Perché molti filosofi hanno sprecato tempo e fatica a definire l'amicizia? Be', perché a ben vedere, essere amico di qualcuno non è facile come sembra.
Aristotele dice che l'amicizia è cosa necessaria per la vita dell'uomo, perché nessuno sceglierebbe di vivere senza amici, anche se possedesse tutti gli altri beni. E dice anche che l'amicizia è importante in ogni momento della propria vita, ma è soprattutto quando si è giovani che si ha bisogno di amici, per non commettere errori e per non diventare persone migliori. 
"Due che camminano insieme" - così Aristotele definisce gli amici - hanno maggiori capacità di agire e di pensare.
Studiando gli uomini e soprattutto se stesso, Aristotele osservò che esistono tre tipi di amicizia, non una soltanto:
1) la prima è quella che si fonda sull'utilità. Due persone diventano amiche perché ne hanno vantaggio reciproco. Ma questa è un'amicizia che nasce già difettosa, destinata a finire presto perché non basata su un sentimento vero;
2) la seconda è migliore perché basata sul piacere di stare insieme perché coinvolge persone con tanti interessi in comune. Ma anche un'amicizia basata solo su questo è destinata a non durare, perché nel tempo gli interessi cambiano e passa l'entusiasmo;
3) la terza è quella perfetta perché basata sulla virtù, che significa volere il bene di un altro, provare un affetto disinteressato, amare qualcuno per ciò che è, difetti compresi. Questo tipo di amicizia non conosce gelosia o invidia e ci permette di gioire per il successo di un altro, ci porta a soffrire per il dolore di un altro.

Sollecitazioni su cui hanno riflettuto i ragazzi:
- Quali di questi tipi di amicizia hai sperimentato?
- Tu che tipo di amico credi di essere? 


C’era uno che si chiamava Io e un altro che si chiamava Tu.

Io diceva sempre io.
Tu diceva sempre tu.
Io e Tu si incontrarono e andarono subito d’accordo, perché Tu diceva a Io: - Tu sei il più bello, tu sei il più bravo, tu sei il migliore.
E Io gli rispondeva: - Sì, io sono il più bello, io sono il più bravo, io sono il migliore…
Una mattina, mentre io si specchiava nell’acqua del lago, Tu prese un foglio di carta e una matita, e disegno un ritratto di Io.
Quando Io ritornò, vide il ritratto appeso alla parete e domandò: - Chi l’ha fatto?
- Io – disse Tu, ma lo disse con una vocina fioca come un filo di fumo, perché non era abituato a dire quella parola.
- Chi?
- Io – disse Tu, appena più forte.
- Io? Io no di certo! – esclamò Io. Mi prendi in giro?
- E chi sarebbe quello lì? – domandò ancora Io, indicando il ritratto.
- Tu – rispose Tu a voce alta.
- Tu? – fece Io – Tu no di certo! Mi prendi in giro!
- No! – protestò Tu – E smettila con questa storia che ti prendo in giro!
Fu così che si misero a litigare e continuarono fino alla sera, quando ognuno se ne andò per la sua strada sbattendo la porta, Io di qua e Tu di là.
Si ritrovarono solo molti anni più tardi, dopo che Io aveva imparato a dire anche tu, e Tu aveva imparato a dire anche io. Si capirono al volo e vissero amici e contenti.

Sollecitazioni su cui hanno riflettuto i ragazzi:
- Perché Io e Tu non riescono ad andare d'accordo?
- Qual è il messaggio che vuole comunicare l'autore?
- Hai degli amici con i quali, a volte, ti risulta difficile comunicare? 

Abbiamo annotato informazioni sui personaggi letterari conosciuti che hanno avuto rapporti di amicizia o che, comunque, hanno intrattenuto rapporti di collaborazione, come i protagonisti dei libri letti ad alta voce "Anselmo e Greta" e "Villa Mannara", come Achille e Patroclo, a cui - come sempre - è seguita condivisione.

Prossimamente leggeremo anche una delle storie di amicizia più belle e commoventi di tutti i tempi, ovvero quella di Eurialo e Niso. E le riflessioni condivise saranno un grande momento di arricchimento per tutti, ne sono sicura. Per me in primis.


venerdì 18 marzo 2022

Parlare di guerra a scuola

 

Da alcune settimane, purtroppo, i media trasmettono continuamente immagini e narrazioni di guerra che provocano un profondo senso di inquietudine e smarrimento in ciascuno di noi.  

Anche i bambini e i ragazzi si pongono domande, esprimono preoccupazione, vogliono provare a capire cosa sta succedendo e perché sta succedendo.  Richiedono di poter parlare e, possibilmente, di poter ricevere risposta alle loro domande. E, a mio avviso, noi docenti dovremmo fare in modo di avviare e sapere gestire un dialogo con i nostri studenti anche su un argomento così complesso come risulta essere un conflitto bellico alle porte del nostro paese. Insegno in una scuola secondaria di primo grado e anche i miei studenti dodicenni hanno espresso chiaramente la volontà di voler parlare di ciò che sta accadendo nell’Est Europa, così ho provato ad avviare con loro dei momenti di dialogo e di riflessione, proprio partendo dai loro dubbi, dalle loro domande e dal loro autentico desiderio di comprensione.

In un momento come questo, ritengo fondamentale il ruolo del dialogo, dell’ascolto reciproco, perché per educare davvero alla pace occorre, in primis, tenere, nella quotidianità di una comunità che apprende, comportamenti aperti all’ascolto, al confronto con l’altro e alle discussioni e condivisioni collettive. Inoltre provare a discutere di certi temi così complessi come gli eventi bellici scatenati dall’alto, può fattivamente contribuire a superare uno sconfortante senso di impotenza e cercare il più possibile di arrivare a capire il mondo che ci circonda, può infondere in tutti noi, sia docenti che discenti, un senso di consapevolezza e partecipazione attiva dal valore emotivo per nulla trascurabile.

Quindi, come abbiamo parlato di guerra in classe in questi giorni? Da dove siamo partiti? Che direzione abbiamo intrapreso?

Innanzitutto, siamo partiti dai dubbi, dalle domande e dalle riflessioni che i ragazzi hanno espresso, in modo spontaneo, sia a voce che tramite annotazioni scritte:

- Perché dopo il Covid anche la guerra?

- Perché far scoppiare una guerra e uccidere tante persone, quando si potrebbe risolvere tutto con le parole?

- Perché stanno combattendo la Russia e l’Ucraina?

- Cosa succederà all’Italia?

 

annotazione di L. 


Si tratta di domande più che legittime e, per cercare di trovare insieme una risposta a ciascuna di esse, è stato inevitabile progettare un percorso didattico che, come tutte le iniziative affrontate in aula, tenesse conto degli obiettivi e dei traguardi di competenza disciplinari, alla luce del nostro documento di progettazione fondante rappresentato dalle Indicazioni nazionali per il curricolo:

per la disciplina Italiano:

- far interagire gli allievi attraverso modalità dialogiche rispettose delle idee altrui;

- far usare la comunicazione orale per collaborare con gli altri;

- far usare manuali delle discipline o altri tipi di testi per rielaborare informazioni;

per la disciplina Storia:

- far utilizzare le conoscenze e le abilità per orientarsi nella complessità del presente, comprendere opinioni e culture diverse, capire i problemi fondamentali del mondo contemporaneo;

- saper esporre oralmente e per scritto le conoscenze storiche acquisite, operando collegamenti e argomentando le proprie riflessioni;

per la disciplina Geografia:

- orientarsi nello spazio e sulle carte;

- utilizzare opportunamente carte geografiche e immagini di vario tipo per comunicare efficacemente informazioni spaziali.

Abbiamo discusso insieme su come sia impossibile, o quantomeno inopportuno, fornire risposte immediate o semplicistiche a fronte di quesiti così difficili e complessi, quindi, come prima cosa, abbiamo cercato il più possibile di provare a comprendere il contesto geo-storico di cui stavamo parlando. Non lo abbiamo fatto immergendoci subito in rete (il commento unanime è stato, infatti, quello di temere di perderci all’interno di una miriade di informazioni impossibili da gestire), bensì utilizzando fonti e materiali agevolmente a nostra disposizione perché appartenenti al nostro contesto d’uso quotidiano, ovvero carte geografiche e libri di testo.

Abbiamo cercato informazioni su Russia e Ucraina all’interno del nostro manuale di Geografia e ci siamo, nel contempo, posti nuove domande per arrivare progressivamente a comprendere quelle che ci eravamo posti in precedenza.

Preciso che il mio ruolo è stato esclusivamente quello di docente facilitatore, fornendo solo degli input e delle sollecitazioni da cui partire, così da fare in modo che i ragazzi lavorassero in modo collaborativo ma del tutto autonomo per renderli, il più possibile, protagonisti attivi del loro apprendimento.

Utilizzando, con opportuni adattamenti, la strategia “Vedi, pensa, chiedi (See, think, wonder)” della metodologia MLTV (Making Learning and Thinking Visible), finalizzata a rendere visibili i processi di pensiero che conducono ad un apprendimento profondo e consapevole, i ragazzi - a piccolo gruppo - hanno lavorato in modo collaborativo sollecitati dai seguenti input:

- Cosa vedi (e leggi)? - Cosa pensi stia accadendo (e cosa ci scorgi della situazione attuale), cosa ne deduci?

- Quali ulteriori domande ti suscita ciò che hai visto (e letto)?

- Ci sono sul libro frasi che possono farci capire quali sono i motivi che hanno portato allo scoppio di una guerra tra queste due nazioni?

I ragazzi hanno annotato alcune riflessioni, messo in evidenza alcune frasi e condiviso le loro deduzioni in modalità collettiva. Dalle informazioni contenute nel manuale, hanno compreso che l’Ucraina ha ottenuto l’indipendenza nel 1991 a seguito alla dissoluzione del sistema sovietico, e che i rapporti con la Russia hanno iniziato a deteriorarsi fin dagli inizi degli anni Duemila, precipitando nel 2014, quando in Ucraina è scoppiato un vero e proprio conflitto armato, che ha opposto la maggioranza della popolazione, favorevole a stringere strette relazioni con i paesi dell’Europa occidentale e con gli Stati Uniti, e la minoranza russofona, sostenuta da Mosca, che ha creato nel Donbass, regione orientale abitata maggiormente da russi e ricchissima di carbone, due entità indipendenti da Kiev.

Avendo la fortuna di possedere in aula una carta politica dell’Europa con i confini dell’U.R.S.S., è stato facile far comprendere espressioni come “dissoluzione del sistema sovietico” e far osservare come l’Ucraina un tempo risultasse una delle repubbliche sovietiche, al pari di Bielorussia, Estonia, Lettonia e Lituania (per limitare l’ottica alla Russia europea) e, per chiarire ulteriormente l’aspetto geografico di questi territori, abbiamo consultato anche le carte contenute nell’atlante illustrato di Tim Marshall Le 12 mappe che spiegano il mondo ai ragazzi.




Sempre mantenendo il focus sulla strategia MLTV sopra descritta, i ragazzi hanno ricercato informazioni sul libro di testo di Storia, soffermandosi sul capitolo della Russia di Putin e sulla carta geografica dell’Europa post-bellica con la linea di demarcazione indicata come “cortina di ferro”. Hanno compreso che Putin si è impegnato a far tornare la Russia ad essere una delle maggiori potenze del pianeta, sfruttando soprattutto le entrate provenienti dall’esportazione di gas naturale e petrolio, di cui il paese è uno dei massimi produttori; in politica estera hanno evidenziato il fatto che Putin abbia cercato di impedire che, dopo Estonia, Lettonia e Lituania, altre ex repubbliche sovietiche del periodo della Guerra Fredda si alleassero con gli Stati Uniti ed entrassero nella Nato.

A fronte di queste informazioni, sono state comprese alcune questioni utili a capire le motivazioni del conflitto (la dipendenza dell’Europa dalla Russia per le risorse energetiche, la tensione e il contrasto tra Russia e Ucraina già presente da tempo, così come quello tra Russia e Stati Uniti), mentre alcune espressioni o acronimi destavano molti dubbi (cosa significa Guerra Fredda? Cos’è la Nato?).

I ragazzi hanno annotato ogni nuova informazione su post-it, così che, da ultimo, assieme alle annotazioni iniziali, si siano potute appendere  alle pareti dell’aula le loro nuove riflessioni, di modo da rendere concretamente visibile il loro processo di pensiero in divenire, obiettivo della metodologia MLTV.

Parole che i ragazzi sentono e leggono quotidianamente in tv e nei social-media a proposito del conflitto russo-ucraino - come Donbass, Stati Uniti, Europa occidentale, Guerra Fredda, Nato - iniziano a trovare una collocazione nel loro contesto storico-geografico, seppur in forma ancora frammentaria. I ragazzi hanno iniziato, altresì, a comprendere che parlare di guerra è difficile, che i precedenti da cercare di capire sono complessi e radicati nel tempo.

Alle ulteriori domande scaturite su Guerra Fredda e Nato, abbiamo dato risposta leggendo alcuni capitoli del libro di Toni Capuozzo, per anni giornalista e inviato di guerra, intitolato, appunto, Le guerre spiegate ai ragazzi e in cui l’espressione Guerra Fredda e l’acronimo Nato appaiono esplicitati in modo chiaro ed esauriente, visto il target di pubblico a cui il testo stesso si rivolge.

Ma i ragazzi si sono posti nuove domande ancora, dimostrando un approccio e uno spirito critico progressivamente incanalati verso forme di ragionamento sempre più centrato ed articolato, e le domande ricorrenti hanno riguardato la situazione ed i contesti considerati maggiormente vicini al loro vissuto:

E l’Italia?  Cosa pensa della guerra? Cosa farà?

Quando le idee a livello internazionale si sono fatte più nitide, si è passati a cercare di comprendere quale sia la posizione ufficiale tenuta dall’Italia a proposito della guerra e che viene espressa nel documento base di tutte le leggi nazionali, ossia la nostra Costituzione, all’art 11.

Lo abbiamo letto e abbiamo discusso sull’efficacia del verbo “ripudiare” e del motivo per cui, a fronte di una nazione uscita devastata da una dittatura prima e da un conflitto mondiale poi, i padri costituenti avessero scelto proprio di inserire quella parola lì.

Ed è anche sul linguaggio bellico utilizzato dai media che ci siamo soffermati a discutere, riconoscendo che sui social, o in generale sul web, scorrono spesso immagini, slogan, titoloni ad effetto o semplificazioni di dubbia veridicità, così abbiamo riconosciuto di doverci affidare a fonti il più possibile autorevoli. Abbiamo, quindi, letto in classe, sia in modalità cartacea che online, degli articoli giornalistici tratti dai più noti quotidiani nazionali e abbiamo riconosciuto che non sempre essi risultino di facile consultazione: il loro linguaggio fa spesso ricorso a termini ricercati, talora anche di lingua inglese, ad acronimi e sigle, a significati impliciti e metaforici non proprio alla portata di tutti.



     

Ci siamo soffermati a leggere articoli riportanti testimonianze dei civili, ucraini e russi, che, purtroppo, stanno vivendo il conflitto sulla propria pelle, convenendo che la guerra rappresenta una tragedia per tutti, perché infligge dolore, morte e sofferenza a persone innocenti che pagano il prezzo altissimo di scelte non condivise e che appartengono a tutti gli schieramenti dei paesi coinvolti.

Nel mio ruolo di facilitatore, ho inserito nella discussione letture di poesie come  Fratelli di Ungaretti e La guerra che verrà e Il nemico di Brecht, così da rendere il concetto di dolore universale maggiormente comprensibile e riscontrabile in ogni tempo e a ogni latitudine. Ma per riuscire a far arrivare ai ragazzi concetti così importanti in un lasso di tempo sempre troppo limitato – viste le mille incombenze che la vita di scuola quotidianamente richiede – non c’è, a mio avviso, nulla di più centrato che leggere in classe, ad alta voce, un albo illustrato, la cui potenzialità, specie nella scuola secondaria, risulta troppo spesso sottovalutata. Nella loro brevità, gli albi sono strumenti inclusivi e potentissimi, in grado di far comprendere tematiche complesse e di far discutere un pubblico di tutte le età e appartenente a qualsiasi livello socio-cognitivo, proprio perché la loro lettura può incanalarsi su più piani di significato, necessita di negoziazione condivisa ed è per sua natura efficace visto il ricorso alla componente iconografica che ne completa e integra il testo e che tanto impatto ottiene nel vissuto, nell’immaginario di chi ascolta e, in definitiva, nello stesso processo di apprendimento della giovane utenza. L’albo scelto è stato Il nemico, una favola contro la guerra, di Davide Calì, ottimo per far comprendere quanto i sodati (e i popoli) che si fanno la guerra sono tutti quanti esseri umani che provano la medesima reciproca diffidenza, i medesimi sentimenti e, purtroppo, la medesima sofferenza.

Abbiamo infine deciso di dedicare un momento conclusivo, se di momento conclusivo si può parlare vista la situazione in divenire del conflitto russo-ucraino che sicuramente richiederà altri momenti di discussione, soffermandoci su un’altra strategia del metodo MLTV richiamato sopra, ossia “Prima pensavo…, adesso penso… (I used to think…, now I think…)”, molto efficace per riflettere su come e perché sia cambiato il nostro pensiero dopo aver approfondito alcune tematiche e aver recepito numerose informazioni. Le domande stimolo sono state poste a partire dal nome stesso della routine:

- Cosa pensavo prima e cosa penso adesso?

- Cosa ho compreso e cosa so adesso?

E il processo di metacognizione è stato sollecitato attraverso annotazioni in cui i ragazzi hanno ripercorso le tappe di pensiero e gli step di lavoro affrontati, ma hanno anche riflettuto su cosa hanno imparato e su come lo hanno fatto, sulle modalità di reperimento di notizie e su ciò che per loro è stato maggiormente incisivo ed impattante.

In definitiva, non si può affermare che parlare di guerra in classe non sia difficile e complesso. Lo è, sicuramente. Ma lavorare con i ragazzi sulla consapevolezza, sulla presa di coscienza, sulla sensibilità e sull’empatia credo davvero che sia un modo estremamente efficace per rendere l’educazione alla pace il più possibile sentita, autentica e partecipata.


Questo post, in forma ridotta, è diventato un articolo della rivista didattica Occhiovolante.
Orgogliosamente, inserisco il link per una eventuale consultazione e ringrazio tutti coloro che hanno speso un po' del loro tempo per leggerlo e commentarlo.