martedì 2 gennaio 2018

Non solo seduti al proprio banco...

Questo post, in realtà, vero e proprio post di un argomento specifico non è, ma mi va di pubblicarlo lo stesso.
O meglio, più che di un aspetto affrontato in classe, vuole parlare di alcune modalità didattiche a mio parere altrettanto efficaci, e per certi pure più efficaci, rispetto a quelle a cui siamo abituati ad utilizzare fin dalla notte dei tempi.
Non mi dilungo sui lavori di gruppo a cui tutti, bene o male, facciamo ricorso pure a volte in modo un po' troppo approssimativo (sì, perché se si vuole veramente parlare di cooperative learning e di modello Jigslaw, eccome se vanno considerate attività complesse!), e non è mia intenzione parlare di innovazione didattica tramite strumenti tecnologici, perché essi altro non sono che dei mezzi, per quanto di sicuro accattivanti e vicini all'immaginario giovanile, su cui dover impostare una progettualità precisa e rispondente a obiettivi concreti (della serie: cosa voglio che i miei ragazzi imparino? è utile che questa cosa la facciano in formato digitale? Sì? Bene! No? Allora utilizziamo pure la modalità tradizionale che sarà meglio per tutti!).
Vorrei invece riflettere sul fatto che i ragazzi vanno il più possibile stimolati a pensare e a divenire autonomi e consapevoli dei loro processi individuali di apprendimento.
Le famose lezioni sul metodo di studio hanno senso se proponiamo solo una strategia, magari rispondente a quella più consona per noi?
Congeniale per me, non significa congeniale per tutti.
C'è chi studia con le mappe e chi prende appunti suoi su carta; c'è chi sottolinea e trasferisce una sintesi dei contenuti sul quaderno e chi, invece, il quaderno non lo considera proprio e studia solo dal libro; c'è ancora chi con i video si trova molto bene, mentre altri preferiscono esclusivamente lo studio tradizionale dal libro di testo.
E allora? L'importante è che ognuno sappia qual è il suo sistema ottimale di lavoro.
E noi docenti dobbiamo proporre un po' tutte queste modalità: insegnare a fare mappe, a elaborare sintesi, a prendere appunti, a ricercare fonti certe dal web per rinforzare certi contenuti, a conoscere e comprendere bene i manuali su cui vengono studiati i vari argomenti.
Comunque... torno al punto altrimenti mi dilungo troppo, ritengo che i ragazzi possano esprimere le loro competenze non solo con attività più canoniche con le quali ogni giorno sono chiamati a misurarsi, bensì anche con modalità di lavoro che escono un po' fuori dalle impostazioni strutturate e per certi versi rassicuranti (più per noi insegnanti che per i nostri studenti).
La modalità vincente, secondo me, è quella laboratoriale in cui i ragazzi sono attivi e protagonisti assoluti dei loro autentici processi di apprendimento, di quei saperi, per intenderci, che non spariscono subito dopo l'interrogazione, ma che rimangono come abilità acquisite da saper utilizzare quando lo richiede l'occorrenza.
In questo senso il metodo statunitense del Writing and Reading Workshop, importato in Italia dalla docente di scuola secondaria di primo grado Jenny Poletti Riz e sperimentato da un numero sempre più crescente di insegnanti in tutta la penisola, rappresenta una modalità laboratoriale eccellente per il conseguimento dei sopraesposti obiettivi.



I ragazzi sono realmente attivi nel loro processo di apprendimento, scelgono cosa scrivere e ciò appare molto più motivante ed intriso di senso, imparano le tecniche di lettura/scrittura basandosi su testi modello e strategie proposte da docente e al bisogno le sanno utilizzare nel modo opportuno. Una metodologia rivoluzionaria nella sua semplicità. Comincerò a sperimentarla con maggior incisività dal prossimo anno scolastico perché nel corrente ho avuto in parallelo due classi terze e, specie per il Writing Workshop, i tempi per una sperimentazione efficace sarebbero risultati troppo stretti.
Con il Reading Workshop, invece, sono stata più costante e la sua potenza è innegabile.
Bandito tutto ciò che può far odiare la lettura, dalla scheda del libro alla lettura di libri imposti, e privilegiato tutto ciò che consente autonomia di scelta, applicazione di oculate strategie di lettura e ricerca di accattivanti modalità di sintesi ed esposizione.
I ragazzi hanno a disposizione una vera e propria biblioteca di classe che spazia nei vari generi letterari (vi compaiono anche i potentissimi albi illustrati, certo, a cui si dedicano sessioni di lettura da svolgersi anche interamente in aula) e ad essa attingono liberamente per curiosare e leggere il libro che ritengono più congeniali.
A fine lettura, in giornate scelte collettivamente o, meglio ancora, quando lo desiderano, i ragazzi espongono ai compagni i libri letti esattamente come si trattasse di una conversazione all'interno di un circolo di lettura, creando le condizioni per una autentica comunità di lettori che legge volentieri e che non teme errori o valutazioni negative.
Questo il filo conduttore dell'attività:
- parlare del libro letto in pochi minuti;
- cercare di raccontare curiosità ed episodi che invogliano i compagni a leggere il libro;
- rispondere con competenza e precisione alle domande sul libro che pongono i compagni;
- leggere una frase del libro o una parte che è rimasta particolarmente impressa;
- assegnare un voto numerico al libro letto, motivando la valutazione e soffermandosi sui punti di forza e sui punti deboli del testo.

cartellone esposto in classe con le regole del Book Talk e le frasi estrapolate dai libri letti

 
Filippo, Giulio B., Giacomo e Gabriele V. conversano sui libri letti
(La notte, Trevor, Hemingway e il ragazzo che suonava la tromba, Due lune)
il resto della classe ascolta e pone domande

Nadia, Riccardo e Marco con Harry Potter, Il nido e Radio Londra


Con questa strategia didattica i ragazzi leggono spesso e volentieri.
Si tratta di lettura che svolgono soprattutto a casa, nei tempi e modi che desiderano, ma anche in aula, nei tempi un po' meno liberi (in orario assegnato) e nei modi abbastanza che preferiscono (seduti al proprio banco o per terra).

 
Icham, Vanessa e Gabriele preferiscono rimanere seduti al loro banco...

 
Giacomo, Alessia, Ginevra, Filippo, Paras, Giuseppe ed Eugenio preferiscono stare a terra

Ecco il perché del titolo del post, "Non solo seduti al proprio banco..."
Non sono gli arredi, certo, che cambiano il modo di fare scuola, ma anche il setting ha la sua parte di responsabilità.
E quando la lettura in classe "prende" così tanto, si possono anche superare le pareti dell'aula per finire a ritrovarci tutti insieme al cinema a vedere un bel film con protagonista uno dei nostri eroi: qui siamo in sala ad assistere alla proiezione di Wonder, in un pomeriggio di vacanze natalizie per giunta!
Quando si dice l'importanza della motivazione e della condivisione...





 




Ma la lettura non avviene solo in modalità silenziosa o individuale: in aula il docente legge ad alta voce un testo il più possibile adeguato alla classe ed i ragazzi mettono in pratica svariate strategie di ascolto.
Lo scorso anno fortunatissima è stata l'esperienza basata sui Racconti del terrore di Edgar Allan Poe e sul libro La meravigliosa macchina di Pietro Corvo di Guido Quarzo; quest'anno a breve partirà un percorso sul libro Io sono Zero di Luigi Ballerini.

 

Infine i ragazzi, se lo vogliono, possono scrivere le recensioni dei libri per il giornalino scolastico, il blog di classe (avete dato un occhiata al link Badia Legge? Quello è il blog di lettura avviato lo scorso anno) o creare recensioni creative come mini-libri, mini-sceneggiature o book-trailer.
Visto la potenza del Reading Workshop?
E questa non è che una minima parte.
Dicevo... setting d'aula e stimolo al pensiero critico.
Oltre alla metodologia sopra citata, altre esperienze possono essere molto utili.
Perché non lasciare che, a partire da un argomento dato, i ragazzi possano ragionare e discutere liberamente, con il docente che non corregge, né indirizza, né tantomeno giudica? L'unico suo unico ruolo è quello di fare il facilitatore.
Un po' una modalità simile alle sessioni di Philosophy for children, ma leggermente più libera, se vogliamo.
E non c'è certo bisogno di rimanere seduti ai propri posti per esprimere le proprie idee, anzi, il circle time, è risaputo, favorisce questa modalità di discussione.


I ragazzi liberi di esprimere le loro idee e i loro pensieri sulla tematica dei diritti umani

E, sempre a proposito di diritti umani e di dislocazione diversa dall'ordinario, qui i ragazzi si sono espressi prima per scritto, poi leggendo di fronte alla videocamera del cellulare, sul fenomeno migratorio in maniera piuttosto originale: a turno fuori dall'aula hanno registrato i loro interventi, poi hanno assemblato tutto in un montaggio video artigianale ma molto curato, completo di musica di sottofondo e immagini esplicative del percorso raccontato.
Seduti al loro banco, scrivendo/parlando esclusivamente dai loro posti, non avrebbero mai potuto produrre materiali simili.
Sì, quindi, a dare via libera alla loro vena espressiva originale e creativa!
Sì, quindi, alla destrutturazione degli ambienti scolastici fissi che poco favoriscono il dialogo e l'interazione.
Sì, quindi, a permettere ai ragazzi di svolgere attività programmate in cui non si debba esclusivamente stare seduti ai propri posti.

 

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