martedì 6 ottobre 2020

La scuola dei tempi passati: ecco qua i lavori presentati dai ragazzi

 


Nella poesia Scuola di Sandro Penna, letta nelle prime settimane di lezione, abbiamo percepito un tipo di istruzione molto diverso dal nostro, seppur si tratti solo di un componimento di pochi versi.
Le file di bambini con l'uniforme nera, il loro stare chini sui libri, la nostalgia di un estate ormai passata ci rimandano a immagini di un tempo lontano, ma pure a sentimenti che proviamo anche oggi tra i banchi delle nostre aule.

Leggiamo questo breve brano, tratto dal libro Paddy Clarke ah ah ah!, dello scrittore irlandese Roddy Doyle, per avere un'idea di alcuni metodi utilizzati nelle scuole di qualche anno fa:

"Ci stava interrogando sulla divisione in sillabe, sulla cattedra aveva il registro aperto. Ci segnava sopra tutti i voti che prendevamo, e le note, poi il venerdì chiudeva i conti, e in base ai risultati ci faceva cambiare il posto. Quelli coi voti migliori sedevano nei banchi davanti, dal lato della finestra, quelli con i voti peggiori finivano giù in fondo, vicino agli attaccapanni con i cappotti. Io di solito ero a metà strada e qualche rara volta arrivavo a un banco o due dalla prima fila. Il guaio era che a quelli seduti in fondo gli toccavano le domande più difficili. Così, per esempio, invece di fargli sillabare undici parole di tre sillabe, Henno gliene chiedeva undici da sei sillabe, o anche dodici. Insomma, se finivi nelle ultime file era difficilissimo uscirne e il tuo destino era segnato. - Mediterraneo, me-di... Fin qui era facile, sentiamo il resto. ...te... Avanti. Era Liam, ed era chiaro che stava per sbagliare. Lui di solito era seduto dietro di me, cioè più vicino ai cappotti, ma il martedì aveva preso dieci in aritmetica, quindi per una volta sedeva un po' più avanti, e fra me e lui c'era Jan McEvory. In aritmetica io avevo preso uno striminzito sei, colpa di Richard Shiels che non aveva voluto farmi dare una sbirciata al suo foglio; dopo, però, gliela avevo fatta pagare cara. ... ran... mormorò Liam. Ahi, che brutto errore! Vergognati! Sei proprio una bestia! Che cosa sei tu? Una bestia, signore, rispose Liam".

 Cosa pensi di questo racconto?

Incredibile, prof! Chi prendeva brutti voti finiva in fondo alla classe. E si beccava pure le domande più difficili! E come era possibile recuperare in una situazione del genere?
Autostima zero questi ragazzi, mamma mia! Far ripetere ad alta voce che si era delle bestie è malvagità allo stato puro!
In Irlanda erano pure messi peggio che in Italia, mi sa tanto.
Però le umiliazioni avvenivano anche da noi. Il nonno mi ha detto che i bambini potevano venire messi in giro con dei cappelli a forma di cono con scritto ASINO.
Ah, no no! Io mi sarei sotterrato e non avrei più messo piede in un'aula, questo è certo!

Eh sì, racconto del genere fanno davvero rabbrividire!
Ma immagino che anche le persone intervistate vi abbiano riferito dei particolari sul mondo scolastico che vi hanno stupito, no? Magari non forme di malvagità, come la definite voi, appena lette, però condizioni sicuramente molto diverse da quelle che voi conoscete sì.
Vediamo dai vostri lavori come funzionava la scuola diversi anni fa, quando la frequentavano i vostri nonni, quindi negli anni seguenti alla Seconda Guerra Mondiale.

Queste alcune delle vostre interviste a conoscenti/familiari che hanno frequentato la scuola del dopoguerra. 

Nella prima Alessandro ha realizzato un video durante il quale ha chiesto alla nonna come fosse la scuola ai suoi tempi, ovvero negli anni tra il '42 e il '46. La signora ha risposto che durante le fasi più cruente della guerra le lezioni vennero interrotte, ma per un certo periodo di tempo alunni e docenti provavano a frequentare lo stesso. A volte le capitava di sentire delle granate e gli studenti si nascondevano sotto i banchi o, se erano in giardino, dietro gli alberi, per il timore di venire colpiti. Dopo la guerra la maestra disegnava alla lavagna le sagome di piccole bombe che i bambini avrebbero potuto trovare inesplose ovunque e raccomandava di non toccarle perché pericolosissime. A lei, comunque, non piaceva stare in classe sui libri, si sentiva più portata per i lavori manuali. E poi c'era da rimanere a sorvegliare gli animali, quindi dopo le elementari ha abbandonato le aule ma, ribadisce più volte, senza particolari rimpianti, specialmente perché le pesava molto anche doversi spostare a piedi per lunghi tragitti e con qualsiasi condizione atmosferica.

La seconda intervista, realizzata da Giulia V. tramite audio, ci presenta una scuola degli anni '70, quindi molto più vicina a quella di oggi. Il maestro era comunque unico e la disciplina e la considerazione verso gli insegnanti molto più accentuate rispetto ad oggi.





Queste interviste sono state, invece, realizzate a voce e poi trascritte sul quaderno o su file digitali per essere lette e condivise con i compagni.

Desiree S. ha intervistato sua nonna: 
Mia nonna mi ha raccontato che nella sua classe i banchi non erano separati, ma erano dei tavoli a due posti che avevano panchine incorporate. Nei banchi c'era il calamaio, messo dentro un foro del banco con l'inchiostro, e qui andava inserito il pennino per scrivere sul quaderno. Quando gli studenti scrivevano dovevano stare attenti a non commettere errori ortografici, ma anche a non sporcare con la pagina di quaderno, altrimenti gli insegnanti potevano picchiare con la bacchetta oppure far andare dietro la lavagna in ginocchio su ceci o granturco. Chi scriveva con la mano sinistra veniva costretto ad usare per forza la destra, altrimenti riceveva bacchettate nelle mani. Nelle classi non c'era la divisione per età, ma tutti erano insieme e il maestro che insegnava era uno solo. Religione veniva però insegnata da un prete. Mia nonna, ad esempio, era in classe con suo zio, più grande di due anni. Non c'erano gli autobus che trasportavano gli studenti a scuola e i chilometri da fare a piedi ogni mattina erano quattro o cinque. Mia nonna doveva attraversare anche una parte di bosco e, nelle giornate di pioggia o nuvolose, aveva molta paura. Il pomeriggio non c'era tanto tempo per fare i compiti, perché i ragazzi dovevano aiutare nel lavoro dei campi o stare in vigilanza a pecore o maiali.

Alessia ha intervistato una vicina di casa:
La mia vicina di casa anziana ha detto che la scuola ai suoi tempi era molto più severa di quella di adesso e anche nell'abbigliamento c'era più decoro. Bisognava stare molto attenti a far asciugare il pennino con l'inchiostro, altrimenti i quaderni si macchiavano e gli insegnanti colpivano le mani con la bacchetta. Il libro era unico e aveva tutte le materie. Leggevano e scrivevano spesso e dovevano imparare molte cose a memoria. Indossavamo tutti il grembiule nero ed eravamo divisi tra maschi e femmine.

Kriszstian ha intervistato sua nonna:
Nelle classi eravamo di età diverse e indossavamo il grembiule nero con il colletto bianco, poi fiocco rosa per le femmine e fiocco azzurro per i maschi. La mattina mi svegliavo presto perché dovevo percorrere a piedi quattro chilometri, ovviamente andata e ritorno, quindi in totale ne facevo otto. Avevamo molta paura di macchiare le pagine del quaderno con l'inchiostro del calamaio, perché in caso ricevevamo anche le punizioni. A colazione ci si riuniva in un'aula e ci davano pane e latte, poi a pranzo la minestra di verdure. In prima e in seconda la refezione non c'era e si prendevano 10 lire con cui si comprava pane e cioccolatini. Il libro era uno e le materie erano italiano e matematica. La cartella era di cartone. In quinta elementare molti interrompevano lo studio perché serviva aiutare i genitori nel lavoro dei campi

Lapo ha intervistato suo nonno:
Ho frequentato la scuola in un paese del Monte Amiata dove sono nato e dove ritorno una volta all'anno in estate per una settimana. Agli inizi degli anni '50 non esistevano gli scuolabus e tutti i ragazzi del paese arrivavano a scuola a piedi, senza essere accompagnati dai genitori. Ragazzi e ragazze avevano grembiuli neri. L'ingresso nei corridoi e nelle aule avveniva tra le urla degli studenti inutilmente rimproverati dagli insegnanti. D'inverno nevicava sempre e per le strade gli studenti camminavano in fila indiana in mezzo alla neve. I libri e i quaderni venivano portati sottobraccio, uniti da un laccio di gomma. In classe veniva mantenuta una disciplina perfetta. I ragazzi avevano un timore reverenziale dei propri insegnanti e le intemperanze venivano punite con estrema severità. I libri non erano illustrati come quelli di oggi, ma erano capaci di stimolare la voglia di leggere perché avevano un'esposizione sobria e sistematica che l'insegnante arricchiva con consigli sui libri da leggere e da prendere in prestito da due piccole biblioteche paesane.
Io ho un ricordo della mia scuola che mi emoziona ancora. In estate mi capita di ritrovare alcuni miei vecchi compagni e il rapporto con loro è ancora molto intenso. Due anni fa ho incontrato anche un mio vecchio insegnante ultranovantenne; abbiamo un po' parlato e, ad un certo punto, mi ha chiesto di dargli del tu, ma non ne sono stato capace. Questo incontro mi ha commosso.



Queste, invece, le interviste dei vostri compagni a familiari che hanno frequentato la scuola in altre nazioni.
Qui vengono fornite delle informazioni sulle modalità di fare scuola nei paesi dell'est europeo, che - vi rammento - fino agli anni '90 sono vissuti nell'orbita del regime comunista di stampo sovietico. Ricordatevi queste informazioni perché approfondiremo meglio questo periodo nel corso delle lezioni di storia.


Intervista di Sara al babbo che ha svolto le scuole elementari in Albania.
La scuola era spaziosa e le classi erano grandi, però mobili e finestre erano vecchi e rovinati. Gli insegnanti potevano picchiare con le mani o con le bacchette di legno, quindi la disciplina era molto rigida. Non era permesso fare confusione e sotto la dittatura comunista c'era molta paura a infrangere le regole. Le uniformi da indossare erano marroni, strette e scomode e vi venivano apposte delle medaglie colorate che indicavano i buoni risultati raggiunti. Ricordo che indossavo una cravatta a righe scomodissima e non vedevo l'ora di tronare a casa per toglierla, perché mi soffocava. Io sono stato bocciato due volte, ma il mio tempo lo passavo a lavorare nei campi perché la mia famiglia era povera e noi figli dovevamo dare una mano per poter sopravvivere.

Intervista di Pamela alla mamma che ha svolto le scuole in Romania durante la dittatura comunista di Ceausescu.
La scuola degli anni '80 durante il periodo del governo comunista di Nicolae Ceausescu iniziava all'età di sette anni e anche oggi è così, infatti la struttura della scuola è rimasta la stessa. 
I ragazzi indossavano la divisa e c'erano quattro anni di scuola elementare, quattro di scuola media e quattro di superiori. Se un alunno era molto bravo e veniva promosso con ottimi voti, poteva frequentare altri quattro anni di università, completamente pagata dallo stato.
Le punizioni dei professori erano molto severe: se gli alunni non ascoltavano durante la lezione, i docenti potevano colpirli nel viso con degli schiaffi o nelle mani con il righello. Se un alunno non capiva la lezione, oppure continuava ad essere maleducato, veniva immediatamente espulso dall'aula, poi anche dalla scuola. All'inizio di ogni anno scolastico, durante le prime settimane di scuola, i ragazzi svolgevano i lavori agricoli nei campi, lavorando per lo stato. 
Gli alunni che durante l'anno ottenevano i voti migliori venivano premiati con libri, medaglie e una specie di nastro da appendere dal bottone alla tasca della camicia. Il numero di questi nastri colorati (di rosso, giallo e blu come i colori della bandiera della Romania) indicavano i meriti ottenuti dall'alunno.



Qui, invece, Ming ci presenta alcuni dettagli della scuola elementare che lui ha frequentato in Cina.
Per prima cosa gli studenti si mettono la mano al petto e, di fronte alla bandiera che viene alzata, cantano l'inno del paese.
Poi studiano senza distrarsi, ma ogni due ore ci sono delle pause che servono per fare automassaggio agli occhi. Sono quattro le posizioni da assumere e i messaggi durano quattro minuti ciascuno. Con questi massaggi gli occhi sembrano diventare molto più rilassati e si recupera energia.
Non sono ammessi comportamenti indisciplinati e gli insegnanti possono intervenire con punizioni corporali o chiudendo gli studenti che infrangono le regole dentro degli stanzini.
Le votazioni arrivano fino al numero 100 e Ming ci rivela di avere ottenuto 96 in matematica.
In effetti, prof, è un fenomeno con i numeri!
Riesce a svolgere gli esercizi in modo velocissimo, mentre noi li finiamo quasi alla fine dell'ora!
Però dice di trovarsi molto bene anche nella scuola italiana. E noi gli crediamo ciecamente ;-)



Prof, posso dirle una cosa?
Tutto sommato io sto molto bene nella scuola italiana che frequento adesso.
Però l'idea del massaggio agli occhi è forte, eh!
Chiediamo a Ming se ci dice come mettere le dita e poi li facciamo anche noi?
Certo che sì! Siete stati bravissimi a svolgere queste consegne ed un po' di rilassamento non può che fare bene a  tutti noi.

E allora... 
rilassiamoci pure!

让我们放松
Ràng wǒmen fàngsōng 

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