sabato 18 aprile 2020

Infin che 'l mar fu sovra noi richiuso... morte di Ulisse




Nelle videolezioni precedenti abbiamo incontrato diversi personaggi, in particolare figure mostruose, che Dante e Virgilio incontrano nel loro percorso lungo la voragine infernale prima di giungere ad ULISSE.
Quale Ulisse? Quello conosciuto lo scorso anno come protagonista dell'Odissea?
Sì, proprio lui!
Beh, Dante lo considera sicuramente un personaggio intelligente, così come tale lo considerava Omero, ma l'immagine dell'eroe greco che viene fuori dalla Divina Commedia è molto differente: Ulisse, infatti, viene collocato all'Inferno e pure piuttosto vicino a Lucifero, dove sono costretti a rimanere in eterno coloro che hanno commesso peccati più gravi, quindi di sicuro una immagine insolita rispetto a quella vista lo scorso.
L'Ulisse di Dante si trova nell'ottava bolgia dell'VIII cerchio tra i CONSIGLIERI FRAUDOLENTI, cioè coloro che hanno utilizzato l'intelligenza per ingannare gli altri, e che sono sono costretti a vivere all'interno di fiamme di fuoco.  La legge del contrappasso è chiara: come le loro lingue in vita hanno parlato per procurare inganno, così nell'oltretomba i dannati si trovano rinchiusi in delle fiamme che hanno forma di lingua di fuoco per l'eternità.


Dante non conosceva il greco e non aveva letto l’Odissea, ma la fama di Ulisse era comunque molto diffusa nel Medioevo, oltre al fatto che il poeta fiorentino conosceva le opere di diversi autori latini che parlavano delle sue avventure (non solo Virgilio, ma anche Ovidio e Seneca, per esempio), ed è dai racconti che essi ne fanno che si deduce che l'eroe fosse considerato morto in mare. Secondo Omero, invece, Ulisse riuscirà a tornare ad Itaca - come abbiamo visto lo scorso anno - e morirà dopo diversi anni proprio nella sua isola. 
L'Ulisse dantesco si trova nell'Inferno perché costretto a scontare non solo il peccato della frode, con chiaro riferimento al cavallo di Troia realizzato insieme a Diomede (col quale condivide il destino all'interno della bolgia infernale), ma anche la sua inarrestabile brama di conoscere e soprattutto il fatto che abbia avuto la folle presunzione di credere di poter violare e superare i limiti umani imposti da Dio affidandosi alla sola ragioneDio punisce la sua presunzione in modo esemplare facendolo annegare in mare, affinché sia di monito agli uomini che volessero provare ad imitarlo. 


Dante e Virgilio stanno risalendo lungo una straducciola e, passando sopra un ponticello, si ritrovano sopra l'ottava bolgia, che dall'alto appare come un vallone oscuro pieno di luci, tanto da venire paragonata ad una valle di campagna piena di lucciole durante una serata estiva: le luci sono le fiamme di fuoco in cui si trovano, appunto, i peccatori fraudolenti.


Dante viene colpito da una fiamma che ha una doppia punta e Virgilio spiega che si tratta della fiamma che racchiude Ulisse e Diomede, colpevoli entrambi dell'inganno del cavallo di Troia e, quando il poeta gli chiede se sia possibile parlare con Ulisse, Virgilio risponde che sarà lui a porre le domande perché i greci, sdegnosi di rivolgersi a dei fiorentini che non conoscevano la loro lingua, con tutta probabilità non avrebbero voluto parlargli.



Ed in effetti, non appena Virgilio si rivolge alla fiamma, la lingua più grande tra le due (ovviamente più grande perché più importante) comincia a muoversi, proprio come una fiamma di fuoco mossa dal vento e, di conseguenza, proprio come si muove la lingua all'interno della bocca quando si comincia a parlare. L'anima di Ulisse, rievocando un notevole flashback, inizia a raccontare a Virgilio la sua ultima impresa, mostrandosi del tutto disinteressata a spiegare il motivo per cui si ritrovi in quel luogo infernale.



Ulisse spiega che dopo aver lasciato Circe, dalla quale era rimasto per un anno, nulla è stato in grado di placare in lui l'ARDORE di conoscere il mondo (il suo non era un semplice desiderio di conoscenza, ma un ardore - richiamo ancora del fuoco - quindi un sentimento incontenibile ed esagerato), tanto che questo ardore non si placa neanche sapendo che a casa lo aspettano suo figlio Telemaco, sua moglie Penelope e suo padre Laerte, superando perfino il desiderio di riabbracciare i suoi cari che non vedeva da 10 anni (anni in cui era stato impegnato a combattere nell'esercito acheo nella guerra contro i troiani).
Ulisse ha una voglia incontenibile di conoscere il mondo, i vizi e le virtù degli uomini, (l'ardore ch'ebbi a divenir del mondo esperto, e de li vizi umani e del valore), così si avventura in mare aperto con una piccola nave ed un gruppo di compagni che fino all'ultimo rimasero insieme a lui.



Attraversano il Mediterraneo, conoscono luoghi e usanze di tanti popoli, ma ad un certo punto, ormai vecchi e stanchi, giungono presso lo Stretto di Gibilterra, in cui anticamente si riteneva che fossero collocate le colonne d'Ercole come simboli di invalicabilità imposti da Dio. Ed è proprio di fronte alla prospettiva di valicare questi limiti inposti da Dio che Ulisse esorta i compagni a proseguire il viaggio e lo fa nella famosa ORAZION PICCIOLA, cioè un breve discorso con il quale convince i suoi compagni a seguirlo con ardore nella sua scellerata avventura.

"O frati", dissi "che per cento milia
perigli siete giunti a l'occidente,
a questa tanto picciola vigilia

de nostri sensi che'è del rimanente,

non vogliate negar l'esperienza,
di retro al sol, del mondo sanza gente.

Considerate la vostra semenza:

fatti non foste a viver come bruti,
ma per seguir virtute e canoscenza











Questa "orazion picciola", come la definisce lo stesso Ulisse, nella sua brevità rappresenta un capolavoro di retorica ed ha avuto un effetto dirompente tra gli uomini del suo equipaggio che l'hanno ascoltata.
Ulisse si rivolge ai compagni in tono solenne, dicendo che sono arrivati ai limiti del mondo occidentale dopo aver superato insieme tanti pericoli e, visto che non rimane loro tanto tempo per continuare a vivere, dato che sono ormai stanchi e vecchi, non devono proprio ora negare a se stessi l'opportunità di conoscere cosa c'è nel mondo disabitato che gli uomini non possono permettersi di conoscere.
La terzina finale è una delle più famose di tutta la Commedia e significa che gli uomini non sono stati creati per vivere come dei bruti, bensì per seguire la virtù e la conoscenza.
L'orazion picciola inizia con una formula molto usata nella retorica antica, la cosiddetta captatio benevolentiae, con la quale Ulisse cerca di accattivarsi la simpatia dei suoi uomini ricordando la loro fatica e ammonendoli del fatto che rimane poco tempo per avere la possibilità di conoscere cosa ci sia oltre le colonne d'Ercole.
Ulisse era bravissimo con le parole e ottiene un successo al di sopra delle aspettative: infiamma così tanto l'animo dei suoi compagni che, come stregati, sono così desiderosi di partire, tanto che Ulisse  riesce appena a trattenerli. Così, voltata la poppa della nave verso Oriente, la compagnia si avventura velocemente nel viaggio, tanto che pareva che i remi della nave fossero diventate ali in attesa di  spiccare il folle volo: con questa metafora Dante anticipa che il viaggio rappresenterà una pazzia, prima ancora di chiarire cosa sarebbe successo.


Superato lo stretto di Gibilterra, Ulisse e i suoi uomini si allontanano dall'emisfero Nord, tanto che vedono le stelle dell'altro emisfero, quello a Sud, allontanandosi molto dalle terre conosciute e viaggiano in mare addirittura per cinque mesi. Ad un tratto vedono spuntare dall'acqua una montagna altissima, scura per la distanza, tanto che Ulisse - che aveva visto di tutto e di più - non ne aveva mai vista prima una simile: l'equipaggio è arrivato addirittura alla montagna del Purgatorio!


Tutti sono felici di questa scoperta (per un attimo si sentono padroni del mondo!), ma la gioia presto si trasforma in disperazione: dalla terra sconosciuta si alzò un turbine che colpì la parte anteriore della nave, la fece girare tre volte insieme all'acqua e la quarta volta la fece affondare, facendo andare la poppa verso l'alto e la prua verso il basso, come piaceva a Dio. La nave di Ulisse in verticale affonda, scendendo verso l'Inferno e il mare sopra l'equipaggio che sta affondando, cinicamente, si richiude e torna piatto.
Stop. Il canto si chiude così, senza alcun commento da parte di Dante.
L'ultimo verso infin che 'l mar fu sovra noi richiuso sembra quasi una frase incisa su una lapide.
Il peccato di questi dannato è comunque legato all'uso dell'intelligenza, quindi - forse - un certo rispetto lo meritano pure, ma soprattutto Dante non ritiene di dover esprimere commenti perché Ulisse ha osato sfidare Dio e il fatto si commenta da sè.



Notiamo ancora che Dio non viene mai nominato, ma solo indicato con perifrasi (colà dove si puote tutto ciò che si vuole ad intendere il regno dei cieli) o parole simboliche (altrui), proprio come avviene nella terzina finale del canto. Di Dio non è possibile - ovviamente - avere una descrizione fisica, così come avviene invece per Lucifero, dettagliatamente descritto alla fine della cantica infernale, e questo perché la ragione umana non ha la facoltà di poterlo fare, in quanto impossibilitata a penetrarne il mistero. Anche nel Paradiso, quando Dante stesso si ritroverà al suo cospetto per poterlo contemplare, non riuscirà ad esplicitare ciò che vede e si limiterà a riferire che la sua vista verrà sopraffatta da una grande luce divina.

Infine noteremo il prossimo anno che il sopravvissuto italiano più famoso ai lager, Primo Levi, all'interno del campo di concentramento, vero e proprio Inferno sulla terra, cercherà di riportare alla memoria proprio queste terzine dantesche mentre si trova a conversare con un altro internato di lingua francese. Non se le ricorda tutte, nonostante i suoi sforzi di farle riaffiorare alla mente, ma lea terzina finale dell'orazion picciola riesce a recitarle e il prigioniero che è con lui la considera "come uno squillo di tromba, come la voce di Dio" - aggiungendo le testuali parole: - "Per un momento ho dimenticato chi sono e dove sono", a dimostrazione dell'immenso potere che ha la letteratura a mantenere la loro dignità umana, seppur costretti a vivere in condizioni disperate e quasi "animalesche",

Qui allego il video del XXVI canto tratto dal canale You Tube della Divina Commedia in HD


Qui sotto le consuete attività da svolgere:


ATTIVITA' sul CANTO di ULISSE

1) Dall'antologia, leggi con attenzione "significato letterale" e "significato allegorico" dell'Incontro con Ulisse (pag. 350), testo originale e parafrasi pag. 350-351-352-353 e svolgi gli es. 1-2-3 pag. 353.

2) Riscrivi l'orazion picciola sul quaderno (vv. 112-120), compresa la parafrasi (consulta pag. 352). Spiega in parole tue la terzina finale famosissima,  se riesci con un esempio concreto. 

3) Quale differenza riscontri tra l'Ulisse dantesco e quello omerico dell'Odissea?

4) Cerca 5 aggettivi che definiscano la figura dell'Ulisse dantesco.

5) Quale immagine ti fa venire in mente la parte finale di questo canto? Cercala su web o prova a fare un disegno tu

6) Un famoso critico letterario e studioso dantesco afferma che l'ultimo verso "infin che 'l mar fu sovra noi richiuso" sembra scritto sopra una lapide funeraria. Sei d'accordo? L'iscrizione sulla tomba a ricordo di un defunto si può definire anche epigrafe, quindi qual è l'epigrafe che avresti scritto tu nella tomba di Ulisse?

7) Immagina una intervista ad Ulisse in cui siano formulate almeno 10 domande e conseguenti 10 risposte.

8) disegna uno storyboard o One pager dell'incontro con Ulisse.

9) Scrivi un testo nel quale racconti un episodio in cui sei riuscito a "superare i tuoi limiti", ossia a compiere un'impresa che non credevi fosse possibile realizzare

10) Scrivi un testo in cui racconti un episodio in cui hai voluto per forza fare di testa tua e, a fine impresa, ti è pure andata male.


Le attività andranno consegnate entro martedì 28 aprile  con le modalità consuete.

La prof


Alcuni dei vostri lavori:

immagine reperita su web da Tommaso A. simbolo dell'ultima impresa di Ulisse

immagine di Rachele

immagine da web scelta da Pamela

immagine da web scelta da Alessandro C

immagine da web scelta da Emma

immagine da web scelta da Crsitiano

immagine da web scelta da Giulia V

immagine da web scelta da Lapo

immagine disegnata da Desirèe S

immagine disegnata da Aurora P.

One pager di Cristiano

One pager Alessia R

One pager di Desiree R

One pager di Pamela

One pager di Desirèe S

One pager di Jessica

Disegno di Rachele

One pager di Ludovica

One pager di Giulia V

disegno di Judy

storyboard di Alessandro C


One pager di Achille

Storyboard di Elisa

One pager di Eleonora

One pager di Lapo

One pager di Davide

One pager di Emma

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